
L’infelicità è un rischio e la civiltà occidentale è il suo modello. Anche questa volta Michel Houellebecq non fa sconti e con il romanzo Serotonina affonda la sua penna nel ventre di una collettività ormai persa nella mitologia del consumo e nella desertificazione che le si distende di fronte a perdita d’occhio. Una landa ricompensata da piaceri ambigui e minuscoli narcotici. Ecco allora spuntare tra una sigaretta e un caffè, tra un profilo seduttivo e un appartamento à la page, «una piccola compressa bianca, ovale, indivisibile». Si chiama Captorix, è una breve iniezione di serotonina, non promette alcuna felicità, ma tiene a bada la depressione, «non crea né trasforma; interpreta. Ciò che era definitivo, lo rende passeggero»; in breve è esattamente ciò che serve al protagonista della storia, Florent-Claude Labrouste che detesta non solo la sua vita ma persino i suoi due nomi di battesimo.
La storia di Florent
Florent ha 46 anni, un buon lavoro di funzionario al ministero dell’Agricoltura e una bella compagna giapponese di nome Yuzu che ogni giorno impiega sei ore per bagni, lavacri e make-up ed è indifferente a qualsiasi cosa non sia il proprio piacere. Per questo in anni di convivenza non ha mai fatto un regalo a Florent e, per questo, probabilmente, si dedica alle performance sessuali di gruppo alternando alle gang bang pratiche erotiche con i cani.
I filmati sono sul suo computer e quando il compagno li scopre, decide di abbandonare lei e il grande appartamento che le paga. Florent va a vivere in un anonimo hotel contento di sapere che entro pochi giorni scadrà l’affitto. Per Captorix è il momento di entrare in scena: lo psichiatra non premette molto ma spiega che la pillola « trasformando la vita in una serie di formalità aiuta gli uomini a vivere, o almeno a non morire, per qualche tempo».
Vagabondaggio con le mucche normanne
I passi successivi sono quelli indispensabili per una nuova vita: un altro lavoro in Normandia (dove il protagonista osserva l’agricoltura francese precipitare nella fossa delle norme europee), uno sguardo agli amori vissuti dove spiccano le delusioni di Claire, attrice sfortunata e ormai insidiata dalla couperose. Ma la libido fa difetto e Florant si rivolge al passato, alle sue storie importanti, al binario 22 della Gare Saint-Lazare quando vide per la prima volta Camille. Un lungo flashback e poi compare il viso rugoso del presente, i disagi si moltiplicano, la serotonina non basta. Meglio le escort? Persino quel pensiero, per Florant, è un impegno di scarse promesse. La natura in cui pensava di potersi immergere anche il protagonista di Estensione del dominio di lotta (Bompiani, 1994) per tornare a vivere e accettare se stesso, è insufficiente. Questa volta sono i contorni verdissimi della Normandia a proporre un rifugio temporaneo, tanto più che – come scrive con humor Houellebecq – «Quando mi ero separato da Claire, la mia condizione era stata sensibilmente lenita dalla frequentazione delle mucche normanne, per me erano state una consolazione, quasi una rivelazione». Ma la storia non si ripete, non fino in fondo.
Una voce coinvolgente
Houellebecq scrive con Serotonina un altro capitolo dell’insofferenza che separa il XXI secolo dalla nozione di umanità e di umanesimo. Lo fa con una voce mai così dispiegata, con un periodare dal ritmo fluente, un registro che dal distacco iniziale confluisce verso una pronuncia più intima e coinvolgente. E dove descrizione e ironia hanno il posto che loro spetta: nell’inventario di marche, nella topografia dei luoghi ambiti o fuggiti, nelle produzioni d’alta gamma, in breve nell’inutile, spicciola mitologia di strada di questa ormai consolidata attualità.
Concordiamo con lo scrittore: meglio, molto meglio le mucche normanne.
Marco Conti © Riproduzione riservata
Michel Houellebecq, Serotonina, pp. 332 La nave di Teseo, Milano 2019; € 19,00
ISBN 9788893447393
www.lanavediteseo.eu
