
«La poesia è quello che non esiste», scriveva il poeta Pierre Reverdy dando conto della tensione tra visibile e invisibile. Eppure cercando tra le vetrine e gli scaffali delle librerie, il paradosso di Reverdy potrebbe essere preso alla lettera. Giornali e televisioni ignorano la lirica contemporanea, mentre i maggiori editori nazionali di collane di poesia, da Mondadori a Einaudi, mandano in libreria (ma non tulle le librerie lo vogliono) un paio di copie per ogni pur rara pubblicazione. E’ un paesaggio desertificato che ha una clamorosa eccezione nella rivista mensile Poesia in edicola da quindici anni [così nel 2003, oggi la rivista ha compiuto 31 anni]. Con una tiratura di ventimila copie, è la rivista di poesia più diffusa e venduta in Europa. Il suo fondatore, editore e direttore, Nicola Crocetti, ha cominciato a occuparsi di poesia nel 1981 con una minuscola casa editrice che oggi figura tra le più prestigiose. Giornalista, Crocetti ha avvicinato la poesia come traduttore. Sue sono le versioni in italiano di una sessantina di raccolte, soprattutto dal greco: Ritsos, Elitis, Seferis, Kavafis; autore quest’ultimo per la cui traduzione ha ottenuto il premio Mondello.
Una fortuna inaspettata

Oggi, alla svolta del terzo lustro, e dopo aver pubblicato circa 1500 autori di ogni paese sulle pagine della rivista, Nicola Crocetti pensa alla possibilità di proporre delle nuove edizioni straniere.Da cosa nasce tuttavia il successo di una pubblicazione dedicata esclusivamente alla forma più elitaria di letteratura, dove si succedono testi in lingua, versioni, commenti critici, profili autoriali e recensioni? Lo abbiamo chiesto a Nicola Crocetti.
Poesia gode oggi di una fortuna inaspettata. E’ l’unica rivista che quasi non ospita pubblicità ed è l’unica rivista letteraria che ha saputo imporsi aul mercato con un tenore culturale elevato. Quando ha cominciato si aspettava il successo? Che obiettivi aveva?
«Volevo fare qualcosa che non c’era, un mensile d’informazione che desse conto degli avvenimenti più importanti a livello nazionale e soprattutto che potesse formare un mosaico dello stato della poesia contemporanea; un mosaico con molte tessere di colore e valore letterario diverso».

La sua esperienza di giornalista e di traduttore ha giocato un ruolo importante nel tracciare il profilo della rivista?
«Traducendo si legge e quindi si interpreta. E’ un modo di avvicinarsi alla poesia che di dà la percezione della qualità del testo. Il fatto di essere un giornalista ha contribuito ad evitare un taglio rigorosamente accademico, pur senza sacrificare nulla alla qualità. I lettori Poesia sono molto spesso di appassionati (che in parte coincidono con gli stessi poeti) , ma non ho voluto fare una rivista per specialisti che hanno a disposizione decine di altre pubblicazioni».
I lettori sono quindi un pubblico eterogeneo e non addetti ai lavori a vario titolo…
«Ormai sono migliaia lettere, le telefonate, le testimonianze ricevute da Poesia e, in base a queste, è diventato chiaro che la composizione dei lettori taglia trasversalmente la composizione del paese: ci sono intellettuali, studenti, professionisti, sicuramente molti poeti e aspiranti poeti ma ci sono anche casalinghe, operai, addirittura adolescenti di tredici, quattordici anni, e persino suore di clausura».
Migliaia di autori nelle edicole dei villaggi
Facciamo un bilancio di questa esperienza.
«Andando con ordine devo dire, per prima cosa, che dopo quindici anni,ho pubblicato moltissimi poeti, circa 1500 e, ognuno di loro, con un ventaglio significativo di testi, non solo con una o due liriche. Sarebbe come offrire un pranzo e fermarsi agli antipasti. Complessivamente le poesie pubblicate sono più di quindicimila. Secondariamente ho dato un volto a ogni autore. Mostrare i volti dei poeti è una cosa che non aveva mai fatto nessuno; il merito va anche al fotografo Giovanni Giovannetti che ha messo a disposizione il suo enorme archivio. Per terza cosa vale la pena di sottolineare la diffusione della rivista, più di ventimila copie. Il che significa che Poesia è reperibile. Prima della nostra pubblicazione, chiunque vivesse in uno degli ottomila comuni d’Italia sprovvisto di una libreria (e credo siano davvero tanti, ci sono città con quarantamila abitanti che non dispongono di una vera e propria libreria) non aveva l’opportunità di avvicinarsi alla poesia. Invece in ogni villaggio c’è un’edicola. Aver mandato Poesia in edicola significa aver dato una reperibilità senza precedenti».

La piccola editoria
Lei è anche editore di libri di poesia (chi parla ha esordito con lo stesso editore) e recentemente di narrativa greca contemporanea. La domanda è d’obbligo: come va la piccola editoria
«Si svolge un lavoro di nicchia. Gli editori oggi sono 4.200 ma la maggior parte non trova spazio in libreria…Anzi più del 90 per cento degli editori non entrano in libreria».
Il che vale in particolare per la poesia?
«Per la poesia il discorso vale per tutti gli editori. La ragione di questa esclusione è che mai nessuno parla di poesia sui mezzi di comunicazione. Se un cantautore di terza categoria fa un Cd se ne dà nortizia nei telegiornali, ma se esce un libro di Zanzotto, di Luzi, di Raboni, a stento ne parla qualche quotidiano».
La società dello spettacolo
Questo significa anche che la figura dell’intellettuale, dello scrittore, ha un peso minore nel clima sociale del Duemila?
«Certamente il poeta non è assimilabile alla gente di spettacolo. Perché quando esce un il libro di un romanziere si fa un tour promozionale, si parla del personaggio, dell’uomo, della sua famiglia su giornali e televisioni? Lo si fa per il regista, per i pittori, per i romanzieri, ma non con i poeti».
Quale potrebbe essere il nuovo obiettivo di Poesia?
«Quello di proporre delle edizioni straniere. Dovunque la rivista è stata presentata ho sentito dire: “noi non abbiamo una pubblicazione così…” E’ un’idea per ora in fase di studi».
Marco Conti
Intervista pubblicata da La Nuova Provincia di Biella, l’8 Febbraio 2003; pag. 23
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