
Ancora un salto nel vuoto e un giallo della memoria. Con Perché tu non ti perda nel quartiere, Patrick Modiano torna sui passi dell’infanzia e della giovinezza per tentare di scoprire un altro tassello del vissuto. Il protagonista, Jean Daragane, giovane scrittore parigino, riceve una telefonata da uno sconosciuto che vuole incontrarlo per restituirgli un’agenda, persa durante un viaggio. Ma l’uomo che ha trovato il taccuino, per ragioni non chiare, vuole in realtà conoscere qualcosa di preciso in merito a un certo Torstel, nome che compare nella rubrica e che Daragane ha usato per il personaggio di un romanzo. E’ questa la cornice da cui scaturisce l’indagine nel passato. Daragane (evidente alter ego di Modiano) risale ai giorni in cui la madre lo aveva affidato a un’amica in una residenza oggi deserta alla periferia di Parigi, risale ai traffici misteriosi e all’arresto successivo della donna, che quindici anni dopo rivede per una notte senza riuscire a svelare nulla di quei giorni. L’autobiografismo di Modiano si riaffaccia con il suo registro confessionale, la frase scabra e un intreccio che coincide con il “puzzle” della memoria, illuminata da scorci lirici e dall’ansia di sapere.
L’identità e il passato

Il filo rosso dell’opera dello scrittore francese è la ricerca dell’identità in una storia dove smarrimento e angoscia sono i compagni puntuali. Il passato è un vuoto, un’ipotesi di vita che va composta giorno per giorno tra luoghi, incontri, indizi. Pubblicato nel 2014, lo stesso anno in cui l’autore ha ricevuto il Nobel, Perché tu non ti perda nel quartiere è costruito, come i precedenti, intorno ad un labirinto fisico e mentale. Un percorso in cui le strade, i boulevard parigini, sono le tappe di una geografia della memoria, come lo sono i caffè, le camere degli hotels, le stazioni. Luoghi che possono dischiudere ricordi ma che non vengono mai colti attraverso il lirismo, anzi, risultano spesso privi di attrattive perché anonimi quando non trasformati o cancellati dal tempo.
Il personaggio di Jean Daragane è spesso in marcia lungo quelle strade parigine, come lo sono stati gli altri personaggi di Modiano. La perlustrazione topografica diviene allora uno specchio metafisico, come sembra di poter capire quando la protagonista di La petite Bijou spiega che affitta vicino alla stazione «perché ogni cosa è transitoria». Allo stesso modo il passato di Daragane, trova un indizio simbolico della storia con il biglietto con l’indirizzo della nuova residenza messogli in tasca, quand’era bambino, dalla donna cui era affidato e che fornisce il titolo al romanzo.
Perché tu non ti perda nel quartiere

«Era uscito con lei dal garage, era buio e aveva voluto leggere le parole dell’insegna luminosa: “Grand Garage de la Place Blanche”, le stese che poteva ancora leggere, quindici anni dopo, affacciandosi alla finestra della sua stanza al numero 11 di rue Coustou. Quando tentava di prendere sonno, dopo aver spento la luce, le parole proiettavano sul muro, davanti al suo letto, riflessi a forma di grata. Andava a dormire presto, per via dei lavori che riprendevano alle sette del mattino. Non riusciva a scrivere se aveva passato una notte insonne. Nel dormiveglia udiva la voce di Annie, sempre più lontana, e capiva soltanto una parte della frase: “PERCHE’ TU NON TI PERDA NEL QUARTIERE….” Al risveglio, in quella stanza, si rendeva conto che gli erano serviti quindici anni per attraversare la strada.» (traduzione Irene Babboni, Einaudi, 2015)
L’enigma e il finale
E’ già stato osservato che gli ambienti narrativi di Patrick Modiano non sono distanti da quelli del noir di Georges Simenon e analoga, aggiungerei, è la costruzione di certe atmosfere sonnamboliche fatte attraverso la coscienza dei personaggi. Ma in Modiano i dettagli hanno una necessità interna alla vicenda narrata a dispetto delle apparenze e dei generi: Simenon costruisce una storia che trova alla fine compimento e chiarezza; Modiano si ritrae dalle conclusioni certe, dai finali che risolvono i dubbi. La perdita del protagonista non è mai sanata. In Perché tu non ti perda nel quartiere, Jean Daragane non entra nella casa dell’infanzia, a Saïnt-leu-la forêt, che viceversa osserva da lontano. Il senso di abbandono e di inaccessibilità si riflette in quasi tutti i romanzi con l’eccezione di Dora Bruder, dove la vicenda coincide con una storia autentica e la tragedia delle deportazioni naziste. Così anche nel suo ultimo romanzo, Ricordi dormienti, una serie di nomi di donne presentatesi alla memoria, in seguito a una caduta accidentale, rinviano unicamente al mistero delle loro vite. Lo scrittore le avvicina, ne avverte la presenza e insieme l’indecifrabilità del loro destino.
Marco Conti
Patrick Modiano, Perché tu non ti perda nel quartiere, p. 123, Einaudi, 2015

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