
Il gioco di scrittura creativa che proponiamo parte dalla interpretazione di una serie di fotografie in bianco e nero. Ognuna si presta a ideare una brevissima storia. Chiediamo ai giocatori (come potrebbero fare i membri del sopra citato Oulipo) di cogliere gli elementi emotivi o relazionali della foto che verrà scelta tra quelle proposte, e di annotare molto velocemente le proprie impressioni. Si potrà delineare un personaggio con i suoi desideri o le sue preoccupazioni, oppure si scriveranno le impressioni ricevute; viceversa potrà essere sufficiente una descrizione dell’immagine partendo però dal presupposto di aver osservato quella scena nella realtà.
Le immagini




E ora torniamo a noi…
L’esercizio appena fatto tende a mettere in evidenza la soggettività e potrebbe essere dimostrato in modo evidente attraverso le interpretazioni e quindi le storie ideate da diverse persone che prescelgono la stessa immagine. Ora si tratta di fare un ulteriore passo alla scoperta delle fonti ideative di ognuno.
Ecco come procedere:
1) occorre scegliere nella propria memoria un’immagine di sé, un ritratto (eventualmente reale, cioè fotografico) in cui siamo con un’altra persona o più persone.
2) Ora cercate di decifrare l’immagine come se si trattasse di capire qualcosa in più della nostra esistenza proprio attraverso quella fotografia. Uno sguardo, un gesto o ciò che la fotografia non mostra dei momenti che l’hanno preceduta e seguita.
Due letture per capire meglio

Da Barthes di Roland Barthes citiamo questo brano inerente una notazione dell’autore su una foto della sua adolescenza: «Brusca mutazione del corpo (all’uscita dal sanatorio): passa (o crede di passare) dalla magrezza alla pinguedine. In seguito continuo contrasto con questo corpo per restituirgli la sua magrezza essenziale (immaginario di intellettuale: dimagrire è la forma ingenua del voler essere intelligenti). »
Un altro brano, di Anny Duperey (da Velo Nero): «Ciò che mi colpisce in questa foto e mi commuove fino alle lacrime, è la mano di mio padre sulla mia gamba, il modo così tenero con cui circonda il ginocchio, leggermente ma pronta a ripararmi da una caduta, e la mia piccola mano abbandonata sul suo collo. Sono due mani, l’una che sostiene, l’altra che si posa su di lui. Dopo la foto, lui ha dovuto stringermi di più, ha dovuto farmi piegare le ginocchia e io mi devo essere lasciata andare contro di lui, fiduciosa; lui mi ha fatto scendere dal battello dicendo: “Oplà!”»
Volendo potete cominciare con una frase predeterminata, per esempio: “Ecco quello che mi colpisce in questa foto…”; oppure: “All’epoca in cui è stata scattata questa fotografia avevo… “. E ancora: “Mi ricordo che …”
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