
Giovanni Ramella Bagneri
Dopo l’allegra stagione del grillo,
della cicala, il freddo
risale astuto la coda, s’insinua
nel pertugio, ferocemente azzanna:
ed io, prevista la perfida luna
di novembre, per rovinose plaghe
flagellate da svastiche mi aggiro;
un gallo rosso tra le braccia, canto,
voce di gallo con voce di gufo;
punito da denti di topo, lampada sotto il cappello,
percorro luoghi folli, m’infurio
e grido penitenza penitenza
finché non sia travolto tutto il nero del cielo,
Ezechiele venuto da lontano,
sparuto, spelacchiato lupo
vestito di agnello da due soldi. “
Giovanni Ramella Bagneri, da “Autoritratto con gallo” in Autoritratto con gallo, Mondadori, 1981.
Ferruccio Benzoni

Quante volte avrà squillato?
Squillerà a lungo nella casa
vuota dove non siamo più.
Rimanga pure là.
Eppure io ci credo
tra la lebbra di quei muri
in tanto deserto
ancora qualcuno risponde per me.
Ferruccio Benzoni da “L’amnesia dei morti” in Numi di un lessico figliale, Marsilio, 1995
Verbale
(redatto da un flic)
Sono scappato con Doinel.
Anch’io volevo vedere il mare.
Ma già l’avevo visto e era un film
dalle parti di Pigalle.
Mio padre faceva l’operatore.
Era un mare triste e mi faceva pensare
a un azzurro capovolto
o a un vestito di quelli
pieghettati che portano le signore
alla domenica per andare a messa.
Ferruccio Benzoni, “Verbale” da Numi di un lessico figliale, Marsilio

Gemma Bracco
Qui son palme pini platani giganti
che il vento percorre come il brivido
ombre tenui o scure
che sanno di fiume e di polvere
Da ogni buco sporgono
erbe di passaggio
bocche di leone oleandri e fichi trovatelli
sui tetti e sulle travi delle chiese
ciuffi stanno disseccando
ma fiamme cupe di geranio
si riaccendono più in là
Una luce si spegne
un’altra si illumina
non c’è riposo alla fame degli occhi
alla insaziabile rivincita
che continua anche nella più mesta grisaille
della sera cinerina
E’ tagliato il filo della giornata
ma prolungando nella notte
l’eco delle parole e dei sorrisi
il sonno ricuce la malinconia del mondo visibile
Getta la rete per la pesca scintillante
e tirala tra gli spruzzi
quando la luna l’ha irrorata d’argento
Gemma Bracco, “Passeggiata”, da Misure del tempo, Mondadori, 1993

Joao Cabral de Melo-Neto
Sono tanti Severino
uguali in tutto nella vita:
con la stessa testa grossa
che a fatica si equilibra,
e le gambe tutte ossa,
e la pancia dilatata,
ed uguali anche nel sangue
così poco colorato.
E se siamo Severini
uguali in tutto nella vita,
moriremo d’uguale morte,
stessa morte severina.
***
E non c’è miglior risposta
dello spettacolo della vita:
vederla dipanare il filo
che anche si chiama vita,
vedere l’opera da essa,
tenacemente, costruita,
vederla germogliare come prima
in nuova vista esplosa;
anche quando è un’esplosione
come quella appena udita;
anche quando è un’esplosione,
come prima, in sordina,
anche quando è l’esplosione
di una vita severina.”
Joao Cabral de Melo Neto, da “Morte e vita severina”, trad. T. Barini e D. Ferioli, Einaudi, 1973

Italo Alighiero Chiusano
Freddo di neve
lavacro
ogni fiato un incenso.
I monti filo d’ascia
ghiacciata.
Crocchia il cielo
come seta
tesa.
Slittini
strilli di bimbi.
Flop flop di catene
sul cauto pneumatico.
Sogno?
Ricordo? O
fantastico?
Certo non vivo.
Troppo smaltato è quest’incanto.
Italo Alighiero Chiusano, “Neve a Vandorno”, Garzanti, 1987
Filippo De Pisis
Poca cosa chiedo!
Di pormi così al davanzale
di questa finestra qualunque
per guardare il cielo che si scolora.
Ho tanto sofferto
che il mio cuore è leggero
come una farfalla nel sole.
Un’ombra a pena di gioia
lo solleva e lo gonfia
come il vento placido lago.
Poca cosa chiedo,
guardar questo cielo
così puro, così vivo,
senza fretta,
e scordarmi di te
e di quando ero felice.
Filippo De Pisis, “Attimo”, da Poesie, Garzanti, 2003
Eliseo Diego
La poesia non è
che un discorrere nella penombra
del forno vecchio, quando,
lontani tutti, crepita
fuori il profondo bosco: poesia
non è che le parole
già amate, che col tempo
cambiano luogo e sono
nient’altro che una macchia, una
speranza che non dici;
la poesia non è
che la felicità, un discorrere
nella penombra, tutto
quanto è svanito ed è
ormai silenzio.
Eliseo Diego, “Non è”, trad. F. Tentori Montalto, da Poesie, Nuova Accademia, 1974
Jean-Pierre Duprey

Ho scoperto un grande sogno di ricordi
I fiori mi chiamano, i fiori che profumano di donne
Gli occhi dei fiori si tingono di lacrime
I pensieri vanno e vengono intorno a me
Il vento cambia spesso canzone
Il tempo cambia spesso cappotto
I fiori parlano sempre
La mia casa è in un angolo di cielo
Caddi malato in mezzo ai fiori
Quella sera, come la vita infinita
Io passeggio nella luna
Jean-Pierre Duprey, “Canzone nel vento” (1946), trad. P. Di Palmo, in Poesia, N.257, Crocetti, 2011