La Siberia, terra di sciamani e di sopravvivenze animistiche, è il mondo che affrontano i protagonisti di Le leggende della tigre bianca di Nicolai Lilin, autore russo esordito nel 2006 con il romanzo Educazione siberiana. Lilin scrive in italiano ed è sicuramente uno dei pochi autori degli ultimi trent’anni ad aver portato una ventata di novità in un paesaggio narrativo minimale più di quanto non possa dirsi minimalista.
La scelta di scrivere attraverso il registro della leggenda conferma una volta di più una personalità non avvezza a trend di costume e convenzioni, per quanto proprio il paesaggio del ‘900 italiano sia stato percorso da opere di grande impatto proprio attraverso la riformulazione letteraria della tradizione orale o del mondo che vi si riferisce: con Italo Calvino, Carlo Sgorlon, Giuseppe Bonaviri, il primo Dino Buzzati, i racconti di Gianni Celati.

La cornice
Nicolai Lilin attinge da una tradizione altrettanto ricca e lo fa utilizzando una cornice (come è cornice quella dei novellatori boccacceschi) del tutto attuale due veterinari sono alla ricerca di un cucciolo di tigre bianca che rischia di morire o di finire in pessime mani dopo l’uccisione della madre. Ma lo scenario è quello della taiga siberiana dove l’inverno non fa sconti. La marcia di Maxim e Aleksej è infatti arrestata da una tempesta di neve che trasforma il paesaggio in un indistinguibile nuvola bianca di gelo e vento. L’ennesima sferzata rivela poco distante un profilo, la sagoma di un bambino. E’ una visione incongrua ma i due veterinari seguono il profilo e raggiungono una piccola casa che sarà la loro salvezza. «I siberiani le chiamano zaimki: rifugi per i cacciatori che camminano nei boschi. Una stufa per accendere il fuoco, scaldarsi e preparare da mangiare, i letti di legno coperti di fieno, i ganci alle pareti esterne dove appendere la pelliccia presa nel bosco, che si mantiene meglio al freddo, congelata.» Ma la zaimki non è disabitata come ci si potrebbe aspettare. Un vecchio imponente dalla voce rauca dà loro il benvenuto e gli prepara una tisana di erbe.
Gli sciamani interpreti del mondo

Filaret, l’anziano che li ospita non discute le convinzioni razionali dei due giovani sulle tempeste e sulla figura che li accompagnati in salvo, viceversa inizia a raccontare: storie di cosmogonie, storie delle migrazioni all’interno della Siberia, storie di spiriti e sciamani. Ma il protagonista indiscusso di questa silloge di leggende rinarrate ora da Lilin è senz’altro lo sciamanesimo. Chi ne ha sentito parlare soltanto come di una tradizione, potrà ricredersi perché Lilin sa che lo sciamano non è una figura assimilabile a quella di un sacerdote o un mago, ma che è l’interprete del sapere animistico, il depositario di una visione dove il viaggio estatico è norma per poter essere mediatori tra gli uomini e gli spiriti, tra le cose di tutti i giorni e l’ultramondano. La leggenda si incarica allora di mostrare questa duplicità delle apparenze e del mondo. Ecco allora la storia di “La sposa dell’orso” che inizia distante da ogni visionarietà con la vicenda di un taglialegna emigrato con la moglie in Siberia che un giorno trova, sotto gli alberi, una neonata e la porta a casa. «Chi può essere così crudele da abbandonare una bambina nella foresta?» chiede Marfa al marito. Ma per la coppia, sterile, è un dono del destino. Katerina cresce finché un giorno un malessere sembra rivelarsi fatale. Il padre la porta quindi nella taiga dallo sciamano più autorevole per scoprire che forse Katerina è una incarnazione, che potrà guarire ma sarà destinata a vivere lontano dal villaggio in un’altra forma animale.
La lingua della leggenda

Nicolai Lilin usa accortamente la lingua della leggenda: un periodare breve imperniato sull’azione e sul ruolo dei personaggi. Infine, passando dalla storia leggendaria alla cornice attuale che reclama attenzione per l’equilibrio naturale, si concede, attraverso una delle vicende (“Sposa dell’orso”), una valutazione meta letteraria che potrebbe valere per l’intero libro: «La storia più popolare, quella che è arrivata fino a noi, raccontava di una contadina sedotta da un orso mentre raccoglieva le bacche nel bosco. Oggi la favola è cambiata talmente tanto che nessuno riesce più a immaginare che da qualche parte, in Siberia, queste cose succedevano davvero…»
Osvaldo Enoch
Nicolai Lilin, Le leggende della tigre, pp. 131, Einaudi, 2019, € 13,00