
«In un vuoto barcollante.» Sarà il primo verso della poesia che Tessa scriverà appena sarà arrivata a casa.
«L’Europa è un’unica folla dalle proporzioni inverosimili?» si chiede Max facendosi largo tra la folla di New York dopo un blackout che ha azzerato computer e televisioni senza alcuna ragione apparente.
«A volte cerco di pensare in un contesto preistorico. Vedo un’immagine su una lastra di pietra, un disegno rupestre.» dice Max, un docente di fisica che continua a vaticinare per il presente i pensieri di Einstein come fossero frammenti di un soliloquio.
E’ il 2022, l’umanità ha appena voltato pagina dopo la pandemia. Due dei quattro protagonisti del breve romanzo di Don Delillo, Il silenzio, (Einaudi, 2021), che si chiamano Jim e Tessa stanno tornando da Parigi dove hanno trascorso qualche giorno di vacanza. Sono entrambi su un volo di linea e Jim non ha niente di meglio da fare che guardare il piccolo schermo della business class: altitudine, temperatura esterna, velocità, ora di arrivo. Improvvisamente la noia diventa panico, l’areo subisce un violento scossone, tenta un atterraggio d’emergenza che ha successo.
Dopo la pandemia
Jim e Tessa sono attesi in un appartamento di Manhattan dove dovrebbero seguire l’incontro di Super Bowl. Li aspettano Max, un tecnico della sicurezza, la moglie di quest’ultimo, Diane, ex insegnante di fisica e Martin, ex allievo di Diane e docente a sua volta. Improvvisamente le immagini scompaiono dallo schermo, i cellulari tacciono e con loro internet. I quattro protagonisti della storia, riuniti infine nell’appartamento, sono sconcertati. Ma “sconcertati” è la parola giusta? Il nodo del romanzo di Delillo (nella f.to sopra) sta proprio nella loro condizione. Nel momento in cui il mondo esterno tace e i rituali mondani vengono meno, chi sono le vittime, qual è la loro identità?
«La gente – scrive Delillo – ricomincia a farsi vedere nelle strade, con una certa cautela all’inizio, e poi sulla scia di un senso di liberazione, tutti camminano, guardano, s’interrogano, donne e uomini, drappelli casuali di adolescenti, tutti si accompagnano vicendevolmente mentre attraversano l’’insonnia di massa di questo tempo inaudito.»

L’Occidente specchio dei media
Si fanno ipotesi, il fisico Martin è certo si tratti della terza guerra mondiale, combattuta tacitamente, ma che nessuno vuole chiamare con il suo nome. Eppure questo non è il punto di vista di Don Delillo, autore fin dagli esordi immerso in una riflessione sugli effetti delle tecnologie e dei media sulla vita sociale. Lo scrittore, qui come in Underworld e Rumore bianco guarda alla perdita di identità e ancora una volta ribadisce come questa identità sia sempre più cospicuamente il riflesso della pervasività dei media. Le cose sono esattamente ciò che appaiono; la collettività è lo specchio della sua rappresentazione, dunque vuoto eidolon, spettro e simulacro. Così come stupirci che ognuno di questi personaggi non abbia in realtà alcun rapporto con ciò che accade e sia una creatura figurale anche per l’amico, il vicino, il coniuge…Persino la memoria personale appare in bilico tra un frammento e il vuoto. Le domande restano appese a questa assenza: «Tendere alle cose fisiche più semplici, Toccare, percepire, mordere, masticare. Il corpo alla fine fa di testa sua.» Forse anche per questo Delillo mette in epigrafe la celebre riflessione di Einstein: «Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta guerra mondiale si combatterà con pietre e bastoni.»
Marco Conti
Don Delillo, Il silenzio, pp. 103, Einaudi, 2021. Euro 14,00
