Ian McEwan, Lezioni sul desk della Storia

 

La fragilità del protagonista del romanzo sembra essere ugualmente condivisa da quella della Storia, tra un ‘900 ricco di aspirazioni e ideali e le delusioni cocenti del XXI secolo

L’esergo che accompagna l’ultimo romanzo di Ian McEwan, dice: «Prima percepiamo. Poi precipitiamo». E’ tratto da Finnegan Wake e si adatta meravigliosamente sia alla storia del protagonista di Lezioni, Roland Baines, sia seguendo il percorso del libro anche alle sorti del Novecento nell’evoluzione scompaginata del primo scorcio del XXI secolo. Con Lezioni McEwan consegna infatti un importante romanzo di formazione che fin dal primo capitolo mette in scena il secolo trascorso e la propaggine della pandemia di quello che viviamo. Intervistato sull’intreccio di piccola e grande storia lo scrittore britannico ha detto che per giudicare il nostro tempo possiamo farci questa domanda: «Per i nostri figli sarà meglio o peggio?»

Le riserve di McEwan sono riassunte in una pagina verso la fine del romanzo, ma già nella narrazione allegorica di Lo scarafaggio,  nel 2019, le pregiudiziali erano preponderanti assumendo la fisionomia di un racconto satirico ed eloquente.

Il protagonista

La storia di Roland Baines abbraccia un arco di tempo così vasto perché affonda le radici nei tempi del secondo conflitto mondiale attraverso le figure genitoriali del protagonista e di quelle della prima moglie, Alissa, di origini germaniche, destinata a diventare una importante scrittrice. Ma la stessa narrazione può essere raccontata ancora meglio dicendo che il protagonista attraversa il suo tempo con gli slanci e la curiosità della giovinezza e con le grevi retrospezioni  a cui lo obbliga una vita sulla quale non ha saputo imporsi e dalla quale non è stato favorito. Roland Baines non incarna del resto nessun paradigma novecentesco. A voler leggere la narrazione sotto il profilo ambizioso della grande storia, si potrebbe tutt’al più aggiungere che Ian McEwan ha riflesso nel suo personaggio il carattere laico e libertario di tanti giovani europei della sua generazione destinati a scontrarsi con le servitù quotidiane e l’avversa fortuna.

Lezioni di piano

Il cuore del romanzo è forse proprio in quell’esergo, nel sentimento di fragilità che accompagna Roland così come aveva accompagnato la giornata di Henry nel romanzo Sabato (2005),  dove il protagonista è seguito passo a passo nelle ventiquattro ore di una giornata caratterizzata da una manifestazione pacifista contro la guerra in Iraq. Il rapporto tra destino individuale e storia è dunque un tratto ormai costante dell’opera dello scrittore britannico fin da Lettera da Berlino come lo sono gli interrogativi etici (Amsterdam, Espiazione).

In Lezioni la scena di esordio è un ricordo del protagonista: «Era un ricordo insonne, non un sogno. Sempre quella lezione di piano – pavimento in piastrelle arancione, un’unica finestra alta, il nuovo pianoforte verticale in una stanza spoglia nei pressi dell’infermeria. Lui undicenne,  alle prese con quello che altri avrebbero forse riconosciuto come il primo preludio, volume I, del Clavicembalo per temperato di Bach, versione semplificata, ma di cui lui non sapeva niente.» Il giovanissimo Roland è un talento destinato alla sala concertistica ma la maestra che gli siede accanto è tanto convinta delle sue qualità quanto eroticamente invaghita dal giovane che, qualche anno dopo controlla, ama e al quale si propone come moglie con una fuga verso la Scozia dove in quegli anni il matrimonio è possibile nonostante i sedici anni del musicista. Roland  ha vissuto in Libia, è tornato in Inghilterra per essere sistemato in un collegio da un padre autoritario, maggiore nell’esercito, e una madre debole, incapace di superare quella che avverte come una colpa inconfessabile, aver cioè abbandonato un altro figlio di una precedente relazione in un istituto. Presto scopriamo nell’andirivieni narrativo tra presente e passato, tra il discorso libero indiretto e le digressioni storiche, che Miriam, l’insegnante di piano che abusa del ragazzino, è solo la prima decisiva sfortuna affettiva. La seconda, tranchante, è quella che subisce da adulto poco dopo la nascita di suo figlio Lawrence: la moglie Alissa, di origini anglo-tedesche, abbandona il marito lasciandogli un laconico biglietto.  Non ci sono ragioni cogenti e neppure ombre inquiete in famiglia. Più tardi Roland scoprirà che Alissa vuole semplicemente dedicarsi alla scrittura. Ma il fatto che il suo romanzo d’esordio sia salutato come un’opera straordinaria non è di troppo conforto. Peggio sarebbe stato solo fosse stato un fallimento.

Flashback

Una lunga analessi riporta il lettore nell’ambito famigliare della fuggitiva. Anche la madre di Alissa voleva scrivere e la sua storia si incunea così  rotondamente tra le altre aprendo persino uno squarcio,  nell’ambiente della rivista Horizon, di Cyril Connolly nel 1943, per raccontare della suocera Jane, piovuta in Francia da Londra alla ricerca dei sopravvissuti del movimento clandestino tedesco di opposizione a Hitler detto La rosa bianca. E’ forse la digressione più ampia, rispetto alla linea principale del romanzo e non avrebbe ragione di essere non fosse per l’ambizione dell’autore di disegnare a tutto tondo l’impegno intellettuale dei personaggi. Impegno che riguarda lo stesso Roland quando aiuta una famiglia di Berlino Est prima della caduta del Muro, evento dove è facile rintracciare (è il 1989) il discrimine delle attese europee tra il passato delle dittature e il futuro della democrazia e delle libertà. Un futuro disatteso scopriremo, funestato dall’indifferenza dei governi per lo scempio della natura, dell’equilibrio ecologico, a cominciare con le preoccupazioni per il cesio veleggiante nell’atmosfera dopo il disastro della centrale nucleare di Cernobyl.

Non si pensi tuttavia ad un romanzo (l’ho già detto) schiacciato sul profilo etico. McEwan è soltanto attento a riflettere nelle vicende individuali la scena mondana nel senso più ampio. I rapporti tra la ex moglie candidata al Nobel e Roland e Lawrence sono filo che si intreccia continuamente nella memoria, nel quotidiano, nel tentativo infruttuoso del figlio di parlare con la madre mentre il padre, abbandonati nella giovinezza gli studi musicali, divide i suoi impegni tra un sontuoso caffè-concerto annesso a un hotel di prestigio, qualche poesia inviata alle riviste e il ruolo di maestro di tennis. Poca cosa rispetto alle attese ma forse non rispetto ad ambizioni pregiudicate dalla solitudine.

«C’è una nuova bruttezza nel mondo»

Per Roland ci sarà un’ultima chance. Quella dell’amica e poi amante e moglie Daphne, in fuga a sua volta dal narcisismo di un  marito violento e vanesio. Ma siamo ormai al presente, al primo, al secondo, al terzo lockdown pandemico, quando il protagonista svolge il bilancio della sua vita, lo confronta con quello dell’ex moglie scrittrice e riflette: «Avrebbe scambiato la sua famiglia con un metro cubo di libri? Rivolse uno sguardo al viso di Alissa di nuovo ben riconoscibile e fece di no con la testa.»

Le sfaccettature tra il profilo dei personaggi e il loro ambiente sono straordinariamente vive. Ian McEwan riesce a comprenderle in una prosa in cui la frase breve, essenziale, è costante e perennemente divisa tra azione e pensiero. Così avviene anche nelle ultime pagine quando le chiose di Roland sulle sorti d’Europa sembrano sovrapporsi a quelle dell’autore: «Era a conoscenza delle ragioni per cui rallegrarsi, e qualche volta anche lui aveva citato gli indici, il tasso di alfabetizzazione e così via. Ma erano tali perché messi in relazione a un passato disastroso. Era più forte di lui, c’era una nuova bruttezza nel mondo. C’erano nazioni governate da bande di criminali in abito scuro impegnate ad arricchirsi e mantenute in carica dai servizi segreti, dalla riscrittura della storia e da nazionalismi fanatici.»

Marco Conti

Ian McEwan, Lezioni, (trad. S. Basso), pp. 561, Einaudi 2022; euro 23,00

Back to Top
error: Content is protected !!