Da Sotteso blu (Einaudi, 1983) il segno distintivo di Pennati è l’aderenza all’osservazione dell’evento, al fatto naturale pronunciato con un lessico ricco, eloquente, e con una “voce” senza coloriture di tono. La forza lirica di questo dettato, ciò che lo individua, è l’accumulazione di segni, il dividersi e moltiplicarsi degli oggetti. Come una cellula nel suo processo di sdoppiamento, l’enunciato di questa poesia si scinde in una continua sineddoche che assume però valore descrittivo piuttosto che immaginifico. Detto altrimenti: l’oggetto lirico si fa parte e si ricompone. Estrapolando tra i soggetti dal suo ultimo libro troviamo tra gli altri: il nido, la notte, le nubi, il riccio, le foglie, il silenzio, i petali, l’aria, il vento, gli usignoli, la scogliera, il gabbiano. Per ogni denotazione Pennati circoscrive l’evento, lo dettaglia, lo rivede nelle sue relazioni e nei suoi parallelismi. E’ questo incedere del discorso a definire esattamente il movimento e la qualità del verso, anche se non mancano enunciati di più vasta portata, di implicazione filosofica, di visione cosmica, perennemente fondati però sull’immanenza dell’essere.
Storia lirica di un nido
Il testo che apre Paesaggi nel silenzio con figure, (Interlinea, 2012)“Mentre l’accadimento avviene”, è interamente articolato sull’immagine di un nido in due momenti successivi: l’inverno e la primavera, la nudità dei rami che svela l’oggetto, il rinfoltirsi della vegetazione che lo nasconde:
Ora è scomparso il nido tra il fogliame
nell’impercettibile dettame così vistoso della primavera
quando da cesto spoglio s’era andato abitando
che tutto l’ha celato al denudato ultimarsi invernale
d’invisibili gridi ed un continuo andirivieni d’ali
attigue a un fusiforme corpo che là vi si posavano
quindi planando altrove o sul brullo adagiarsi
dei campi alla cerca di cibo anche da riportarne
lassù dove tornavano ora singolarmente o a coppie.
Scorgessi la trasparenza delle prime foglie visibili
a stento controluce in quella appena svolta consistenza
Il nido (cesto spoglio), gli uccelli (per sineddoche invisibili gridi e andirivieni d’ali) e il fogliame (anche dettame della primavera) sono gli elementi su cui si fonda la lirica fino agli ultimi versi che commentano l’impossibilità di percepire il tempo reale della trasformazione stagionale vegetativa:
che le rivede ulteriormente espanse: non ci si accorge
e ancora meno in noi di ciò che nel contempo accade
mentre l’accadimento avviene che si è già compiuto.

Il discorso lirico
La poesia si articola in due periodi che accrescono la loro energia attraverso il continuo inarcamento del verso senza mai abbandonare l’evento fisico nel suo apparire che – sembra ingiungere la poetica di Pennati – è anche tutto il nostro sapere. Contemporaneamente l’uso di immagini retoriche non porta all’esterno del soggetto l’immaginario del lettore, non fonda una ambiguità polisemica, ma in modo centripeto, dettaglia il campo semantico intorno al prima e al poi della trasformazione vegetativa, cioè a due tempi di cui l’ultimo (ora) è l’argomento che motiva il discorso lirico dell’inadeguatezza dell’osservatore e, insieme, la sua meraviglia.
In merito al concetto dell’ osservazione, Pennati ha scritto in Sotteso blu un testo che con eloquenza chiarisce l’intenzione creativa fin da titolo, “Straniamento, oltre lo”: «Sappi invece osservare: mediante l’occhio/ penetrando accarezzare tanto l’intuizione/ quanto l’affioramento del visibile in imagine (…)». E più avanti: «Scruta e non saprai che scorgere/ l’innamorato filo della vita». Una poetica che tenta di evitare quindi lo straniamento šklovskijano, o perlomeno i suoi esiti novecenteschi più immaginosi, anche se ottiene sicuramente una visione, anziché un semplice riconoscimento della cosa
Le nubi
Le “Nubi” della raccolta Modulato silenzio (Joker, 2007) sono descritte invece attraverso forma e movimento:
Eccole qui alla fonda da altrove ricomparse
a risvuotarsi d’ogni più insostenibile zavorra
in turbolenze grigio plumbee di vorticanti marosi
o in un opaco galleggio di stazze (…)
In Modulato silenzio e in Paesaggi del silenzio con figura il riccio è soggetto di due liriche che lo traguardano attraverso l’andatura, la movenza impacciata e gli immediati dintorni fisici del suo microcosmo. Ma ancora più ricche e varie – prevedibilmente – sono le insistenze tematiche sul mondo marino e i suoi mutamenti e su quello vegetale. In questa fenomenologia poetica, è costante la tensione di uno sguardo rivolto a cogliere non la contingenza personale (il dato appunto paesistico, oppure esistenziale e psicologico) ma la circostanza fattuale. Pennati non parla insomma di quel riccio, di quella pioggia in relazione a un avvenimento riconducibile all’io empirico, ad una presunta biografia, ma ritaglia nel verso tutti i ricci e tutte le piogge, occupandosi dell’evento nella sua dichiarata esemplarità. Fanno eccezione, nelle tre raccolte menzionate, pochi accenti diversi in relazione all’io poetico, poche poesie di soggetto non naturalistico e, fa eccezione, l’intera sezione “La vibrazione del racconto” compresa in Sotteso blu,dove Pennati elabora una propria libera versione dell’haïku:
Onda frangente
in suono il suo volume d’acqua mi trasale
la mente srotolandola.

Ciottoli
In “Lichene-ciottolo”, (Modulato silenzio) il discorso lirico propone un testo che scorre verso le metamorfosi di uno zenit e calcina le ore “a fiore d’ombra”. L’energia scaturisce ad ogni inarcamento da questa sospensione che a poco a poco, richiamando nuovi elementi, si definisce e ancora rinvia il senso con ulteriori accumuli d’immagine.
Questo che pare sparpagliarsi d’incastonate
gemme e filigrane del suo antico disegno
sull’incavato contorno di un ciottolo nero
nel palmo che contempo della mano
di un nero così impietratamente vellutato
simile all’ispessimento stesso di un sidereo
frammento caduto dall’illune opale
(…)
Il tema del titolo non è ancora stato pronunciato. La sospensione si concluderà con la nominazione dell’oggetto per essere successivamente ripresa nella descrizione. Il testo prosegue così:
di un notturno accadimento serico come la pelle
sognandone il corpo è un’orma forse
più orme di un effuso lichene inserto del suo tallo
(…)
Il ciottolo mostra l’indizio (l’orma) di un lichene scomparso, ma nel contempo Pennati ha convocato intorno a questo segno un mondo sensoriale affollatissimo di colore e di sensazioni
Gabbiani

Significativa, ancora, è la struttura lirica del suo “Gabbiano” in Paesaggi del silenzio con figura . Il verso procede con un continuo giustapporsi di similitudini appartenenti allo stesso campo semantico ma anche ad elementi naturali diversi:
Forse a che sembri
il biancheggiare di un’onda scorto dall’alto
il volo di un gabbiano.
Ma da che occhi rapaci
mimetizzare le estese remiganti di candore
con lo schiumante boccheggiare
per un abbaglio
che non è di mare. Non da un altro
gabbiano
che scorgendolo volare
di quel suo volo si infonde e se ne inonda
e già vi si trasfonde
nell’inchinarsi della chiglia
lasciando il suo scoglioso meditare
sospinto ad imitarlo.
Ed ecco come aliante
una distanza ne sorvola d’onde poi posarsi
sopra una scogliera di mare.
In un contiguo cullarsi galleggiando.
L’onda e il volo
L’intera orditura poetica delle similitudini unisce il gabbiano al mare ed entrambi all’osservatore, qui discretamente celato nel beccheggiare della chiglia con la quale diventa parte dello spettacolo. La sequenza avvia un primo parallelismo tra l’onda e il volo del gabbiano. Nella terzina successiva il gabbiano è presente per sineddoche: le sue ali riflettono specularmente le due estremità schiumanti del moto ondoso quasi volesse mimetizzarsi ma questo è un «abbaglio» non ascrivibile al mare né ad «un altro gabbiano», piuttosto sembra dovuto alla visione dell’osservatore «nell’inchinarsi della chiglia». La chiusura prosegue il gioco di rispecchiamento: il gabbiano-aliante finisce per posarsi su «una scaglia di mare», galleggiando allo stesso modo in cui il poeta sulla chiglia beccheggia.
Un altro gabbiano

Ma lo stesso referente, vale a dire il gabbiano, ha dato il titolo ad una precedente poesia contenuta in Modulato silenzio. Il primo verso proponeva la stessa analogia e un diverso itinerario immaginativo articolato con minore enfasi attraverso una pronuncia più diretta, novecentesca, mentre il “gabbiano” che scaturirà dalla raccolta successiva sarà circoscritto entro una stringa metrica composta di sostantivo e verbo oppure aggettivo più sostantivo, un verso più incline a richiamare il periodare classico. Ecco il primo testo del 2007:
Aliante scafo
come a volarmi tra le sopracciglia
dentro planando l’atmosfera
altissima sopra uno specchio
di mare d’un blu lavagna o grigioplumbea
l’una che intride l’altro del colore
sfrecciando sagomato
oltre il fondale dove solo scompari
a un batter di ciglia
nell’avvolgente
silenzio di fragore tutto di sé
che permea
l’immanente
esistere di là d’un apparirne
in meraviglia.
Farfalle, grilli e cicale


Una lirica che troverà energia dieci anni dopo per guardare ad una insospettabile entomologia: Di farfalle, grilli e di cicale (Joker, 2017) è il titolo di cui ci occuperemo a parte. Il percorso è però ormai chiaro: l’io lirico, benché reticente così schermato dal mondo naturale, è sotteso (per usare un lemma dell’autore) in questa ondosità universale che assembla ungarettiane “fibre dell’universo”
Marco Conti, estrapolato da La Clessidra, semestrale di cultura letteraria delle Edizioni Joker, Anno XVII, n.1-2, 2012. www.edizionijoker.com

Biobibliografia
Camillo Pennati (Milano 1931- Todi 2016) è stato un poeta e traduttore italiano. visse a Londra, dove fu bibliotecario dell’Istituto Italiano di Cultura; in seguito fu umpegnato, come redattore e traduttore alla casa editrice Einaudi a Torino. Tra gli autori curati e/o tradotti compaiono tra gli altri: Thom Gunn, Philip Larkin, Ted Hughes, John Hawkes, Patrick White, Ronald Laing, Ivy Compton-Burnett, Harold Pinter, Bernard Malamud, J. R. R. Tolkien. Ha scritto: Una preghiera per noi: luglio 1955-gennaio 1956, Parma, Guanda, 1956; L’ ordine delle parole: 1957-1963, Milano, Mondadori, 1964; Erosagonie, Torino, Einaudi, 1973; Sotteso blu: 1974-1983, Torino, Einaudi, 1983; Una distanza inseparabile, Torino, Einaudi, 1998; Modulato silenzio, Novi Ligure, Joker, 2007; Paesaggi del silenzio con figura: 2003-2010, Novara, Interlinea, 2012; Di farfalle, grilli e di cicale (Joker, 2017)