
Sono propenso a credere che la pianista di Martha Nieuwenhuijs non stia suonando Summertime come dice il titolo, ma piuttosto la Trota di Schubert. Sì, quest’onda di tasti, questa morbida increspatura di bianchi e neri, di toni e semitoni, parla al volto lunare della musicista, le fa socchiudere gli occhi il tempo necessario per scendere nel piacere della creazione, il tempo indispensabile per aprirli nello sfarzo luminoso della stanza catturando con il movimento delle sue mani l’inflessione e il colore del suono successivo.
Soglie
C’è una soglia nell’opera di Martha Nieuwenhuijs che viene continuamente varcata, c’è un esterno che ha ingressi di nuvole, cieli, alberi, uccelli e arance. Come queste che intridono di allegria il fogliame, che arrotondano i visi, che richiamano alla sinuosità del movimento e alla sua circolarità. E c’è un interno perennemente aperto, una bolla d’aria e desiderio in cui le gazze non si arrestano, corrono a perdifiato, volano in cerca di una mano, o meglio ancora di un ritmo. Che io attraversi quella soglia o rimanga al di qua di essa, che ascolti Schubert o Gershwin, il gioco replicherà il fresco nitore del mondo, la sua facoltà di ricreare un teatro di istanti e di leggerezza. Secondo il tempo e secondo il modo. Nella luce meridiana o sulla nota rarefatta di una lunga ala vesperale.
Immaginario

Ciò che attrae è lo sfarzo immaginoso che lotta contro la gravità, è il movimento che si moltiplica con lo stesso segno, una ventata di bellezza che scompagina, sommuove, si apre sul mondo con la stessa falcata decisa di una ballerina di tango, una coscia lustra e abbacinante che misura la terra.
Ho appena socchiuso la porta di questo atelier ubiquo e – forse perché il simile produce il simile come nelle metafore e nella magia – sono già una figura della storia; non un narratore ma come un Pinocchio appena sbozzato sul legno, pronto al vagabondaggio, alla disubbidienza, all’incontro con gli animali parlanti. “Bisogna essere leggeri come l’uccello, non come la piuma”, si sente ripetere da questa parte della riva con le parole di Paul Valéry. Importa allora che la direzione sia tracciata, che il volo sia certo come una linea di carbone sulla carta.
la luna in una mano

Qui, l’orizzonte è sempre vicino, la luna e il sole possono essere raccolti nel palmo di una mano oppure lanciati come un giavellotto o bucati come un palloncino: lo spazio di queste quinte resta aperto. Senza la noia e il cigolio di geometrie certe, ma con finestre, sedie, case sbilenche. E’ da questo spazio ondeggiante, dai fili tesi di queste note immateriali, dalle luci bagnate dalle memorie, che le donne traguardano e pensano il mondo con uno sguardo da Melusina. Occhi vivi, distratti da una passione che non va perduta, da un incanto che si risveglia e dà forma alle cose
Desiderio verde

E’ qui, ad un incrocio di rami, nel “Desiderio verde”, che si scorgono queste donne solitarie e contente: con il naso all’insù e un nome, un sillabario e un libro d’ore per le nuvole distanti. Si potrebbe credere, come credevano gli amici di Cosimo (barone rampante che non abitava troppo lontano da qui), che prima o poi sia necessario appoggiare una scala a quest’albero ancora sconosciuto alla botanica. Ma sarebbe un errore. Quest’albero che collega il cielo alla terra, cresce senza conoscere il battito perentorio delle campane, il tic-tac degli orologi, l’ombra minacciosa del tempo. La sostanza di cui si nutre è quella della lirica, del canto, fatta di polveri invisibili, di fragilità aeree, di precisione e desiderio.
Di strada in strada
Viaggiando di strada in strada, di casa in casa, posso essere certo che ogni cosa vista in questo villaggio resterà con me. Non dimenticherò che le piazze, i cortili, i campi coltivati, le sale da ballo, sono abitati allo stesso modo delle camere, degli atelier, delle stanze da letto, degli androni. Giro e rigiro, spio da una finestra, mi apposto tra i cespugli di una spiaggia, socchiudo una porta, esco in un giardino di essenze, tra gatti e uccelli, salgo su un vagone ferroviario. Arriva mezzanotte e aspetto. Ho visto degli innamorati sotto una finestra, ho visto un concerto rock, ho visto dei gatti equilibristi sulle ruote di una bicicletta, ho giocato con un cane bassotto durante un pic-nic, sono rimasto in silenzio per ascoltare il suono scuro e morbido di un violoncello, ho minuziosamente inventato le corrispondenze tra le curve dello strumento e i fianchi della musicista, tra le mandorle dei suoi occhi e la scollatura, tra la scollatura e la chiave di sol, tra la chiave di sol e l’ansa del becco di un uccello giallo.
In viaggio
Viaggiando di strada in strada, di casa in casa, posso essere certo che ogni cosa vista in questo villaggio resterà con me. Non dimenticherò che le piazze, i cortili, i campi coltivati, le sale da ballo, sono abitati allo stesso modo delle camere, degli atelier, delle stanze da letto, degli androni. Giro e rigiro, spio da una finestra, mi apposto tra i cespugli di una spiaggia, socchiudo una porta, esco in un giardino di essenze, tra gatti e uccelli, salgo su un vagone ferroviario. Arriva mezzanotte e aspetto. Ho visto degli innamorati sotto una finestra, ho visto un concerto rock, ho visto dei gatti equilibristi sulle ruote di una bicicletta, ho giocato con un cane bassotto durante un pic-nic, sono rimasto in silenzio per ascoltare il suono scuro e morbido di un violoncello, ho minuziosamente inventato le corrispondenze tra le curve dello strumento e i fianchi della musicista, tra le mandorle dei suoi occhi e la scollatura, tra la scollatura e la chiave di sol, tra la chiave di sol e l’ansa del becco di un uccello giallo
Colori
I colori investono altri colori, i triangoli scivolano impercettibilmente nelle sfere, le braccia delle giovani donne hanno i gesti, gli allunghi, i paraffi, gli ovali delle loro scritture. Soprattutto l’acqua e la terra, il cielo e l’aria sono mobili come una fiamma, si rispondono come i corpi degli amanti durante il ballo, si affacciano l’uno nell’altro come nel gioco, soggetti alla stessa legge che impone l’equilibrio nella sospensione. Sembra di sentire il fruscio di queste stanze quando la musica si ferma per un momento. Sembra di sentire la leggerezza che si stende e si allunga sotto il tocco delle dita, nel ventaglio di un’ala, nel passo di un gatto, nel fruscio gommoso delle ruote, nel sonno scosso delle fronde, nel ventre dell’onda che finisce sul greto. E’ un tempo che, per quanto breve, ogni visitatore potrà ricordare.
Ancora uno sguardo
Sia giorno o notte, sia arrivato oppure no ai confini del villaggio, il visitatore tornerà di sicuro sui suoi passi. Vorrà rivedere tutto, convincersi che non c’è un interno e non c’è un esterno, che dalla sua stessa sagoma l’ombra sembra sfilarsi come un guanto, affacciarsi nella piazza, sulla spiaggia, tra i musicanti, sotto le corde tese di casa in casa, tra le parole scritte sui muri, tra le voci sonore delle donne e i corpi silenziosi degli strumenti. Vorrà riascoltare. Allora, precisamente allora e soltanto allora, prenderà posto insieme a noi.
Marco Conti da “Sillabario per la leggerezza”
Martha Nieuwenhuijs (Amsterdam 1946 – Torino 2017), visse in un ambiente di artisti cosmopoliti e in diversi paesi fin dalla prima giovinezza. Dopo alcuni anni trascorsi a Parigi Martha Nieuwenhuijs si trasferì a Torino laureandosi in Scienze Politiche. Nel primi anni ’70 iniziò le sperimentazioni con la Fiber Art per indagare le potenzialità espressive di questo medium e nelle stesso tempo promosse eventi per la diffusione di questa espressione. Nel 1988 ideò la Biennale Internazionale Fiber Art, Trame d’Autore, della Città di Chieri. Dal 2000 le sue ricerche sfociarono soprattutto nella pittura e nel libro d’artista.
Numerose furono le mostre e le collaborazioni con i poeti. Le sue opere sono state esposte oltre che in Italia, in Francia, Olanda, Germania, Spagna, Ungheria, Svizzera e fanno parte di collezioni private in Italia e all’estero.