Prima edizione, 1895
Se aprendo le pagine di Ragazzo in fiamme pensate di apprestarvi a leggere la tradizionale biografia di un scrittore di fine Ottocento, che probabilmente non conoscevate, avete sbagliato di grosso. Capita invece che, Paul Auster emerso dalle fatiche del suo romanzo più vasto, 4 3 2 1, ancora prima dei tempi claustrali della pandemia si sia imbattuto in un romanzo di Stephen Crane, Il mostro. Un romanzo minore per la critica ma un libro che gli ha riaperto porte e varchi del tutto inediti su questo autore. In una recente intervista Paul Auster ha spiegato infatt che come quasi tutti gli studenti americani aveva letto Il segno rosso del coraggio (un passaggio obbligato nelle antologie), ma che quelle pagine lo hanno condotto a risalire lungo l’intera vita e le opere di Crane. Percorso che lo ha tramutato in una sorta di filologo fino ad impossessarsi e condividere un immaginario che, per i più, risultava ormai relegato alla storia letteraria e agli studi specialistici.
Lo stile che piaceva ad Hemingway
Auster, pur tralasciando la critica accademica, ha scritto così un migliaio di pagine in cui passa al setaccio tutta l’opera dell’autore analizzandone la scrittura, uno stile che peraltro ammaliò Hemingway, dalla quale emergono nuove prospettive di interpretazione. Ma in sordina (e in diversi scorci in evidenza) Ragazzo in fiamme mostra anche la partecipazione di Auster alle vicende e alle domande che pone la letteratura di Stephen Crane – autore maudit come il poeta quasi omonimo Hart Crane – che nei suoi 29 anni di vita creò un modello di scrittura. Il che, finora era riconosciuto solo sul versante della letteratura bellica. Il segno rosso del coraggio, pubblicato dapprima a puntate sul “Press” di New York e Filadelfia nel 1894, è infatti una storia che coinvolge il lettore dalla prima all’ultima pagina facendo a meno di qualsiasi coordinata storica sulla guerra di cui narra. Un approccio che venne definito “impressionista” ma che porta in primo piano la coscienza e le emozioni individuali del protagonista, un sedicenne che si trova su un campo di battaglia della guerra di Secessione.
«Il romanzo di guerra più celebre della nostra letteratura non è tanto un libro sulla guerra quanto un’analisi degli effetti della guerra su una mente giovane, ancora acerba, un’opera che, col senno di poi, lo stesso Crane avrebbe definito “un ritratto psicologico della paura”». Auster fa osservare che lo scrittore sopprime tutto quello che esula direttamente dalla storia che lo interessa, lasciando solamente ciò che vede e riflette il protagonista. «Ci sono solo tre elementi in questo libro – annota Auster – elementi ridotti al minimo» che indica puntualmente: il paesaggio, i commilitoni del protagonista, e i pensieri che gli passano per la testa. Ecco un brano:
«Vide anche una batteria sottile andare di fretta lungo il filo dell’orizzonte, e sottili cavalieri che frustavano sottili cavalli. Dal pendio di una collina giunsero urla ed urrà. Il fumo saliva lentamente fra le foglie. Le batterie stavano discutendo con sforzi retorici tonanti. Qua e là c’erano bandiere, dominate dalle strisce rosse, che versavano tocchi di colore caldo sulle scure linee delle truppe.»
Un classico della modernità
Può essere che l’ampio lavoro svolto da Paul Auster permetta alla letteratura americana di riconsiderare nel suo complesso l’opera di Crane che non ha avuto la fortuna riservata in genere ai classici moderni. Viceversa Auster sembra voler sottolineare la spinta modernista di questa prosa indagata anche attraverso le opere minori, dai romanzi ai racconti e ai bozzetti, agli articoli di giornale.
Nato nel 1871 a Newark «nato il Giorno dei morti e morto cinque mesi prima del suo ventinovesimo compleanno. Stephen Crane visse cinque mesi e cinque giorni nel XX secolo, stroncato dalla tubercolosi prima di aver potuto guidare un’automobile o vedere un aereo»; è l’incipit di Auster. Crane fu un talento precoce per quanto non favorito dalla classe di appartenenza. A sedici anni cominciò a pubblicare qualche articolo sui giornali e a 22 uscì il suo primo romanzo, Maggie: ragazza di strada, considerato come il primo esempio di narrativa statunitense naturalista alla Zola. Dopo il romanzo sulla guerra di Secessione che gli diede fama, scrisse La scialuppa, ispirato al naufragio da cui si salvò di ritorno da Cuba su un battello. Corrispondente di guerra non visse mai il conflitto in prima persona nonostante l’ispirazione di Il segno rosso del comando.
Della relativa trascuratezza critica intorno a questo autore è segno eloquente la nota della traduttrice di Auster, Cristiana Mennella, in calce al volume. Mennella fa rilevare infatti che spesso i dettagli commentati da Auster non trovano riscontro nelle tre opere di Crane tradotte in italiano in epoche diverse. A parte l’ultima versione di Il segno rosso del coraggio (di Michele Mari), nel 2022, tutti gli altri testi citati sono così stati tradotti dalla Mennella.
f.m.
Paul Auster, Ragazzo in fiamme. Vita e opere di Stephen Crane, pp. 1006, Einaudi, 2022; euro 24, 00