“Cuore”, storia tormentata e lieto fine di un long seller

L’idea era stata di Edmondo De Amicis: un libro scritto col cuore, un libro per le emozioni della giovinezza contro la ragione dell’età adulta, una narrazione fatta di bozzetti. Ma non fosse stato per l’intuito dell’editore Emilio Treves, Cuore non avrebbe probabilmente mai raggiunto i piombi della tipografia. Lo scrittore era già noto per i suoi libri di viaggio, un genere tra i più vitali dell’Ottocento europeo, ma nel 1878, quando concepì quel titolo aveva voglia di una pausa. Aveva appena chiuso le pagine di L’amour di Jules Michelet, allora molto in voga, e si era convinto di voler scrivere qualcosa di appassionante.  Così presa carta e penna annuncia al suo editore: «Ho in testa un libro nuovo, originale, potente, mio  – di cui il solo concetto mi ha fatto piangere di contentezza e di entusiasmo». E dopo aver citato la sua ultima lettura chiarisce: «Per fare un libro nuovo e forte bisogna che lo faccia colla facoltà nella quale mi sento superiore agli altri – col cuore.» E ancora: «tutta la mia anima si è ridestata. Ecco il mio libro, dissi. Il cuore dei vent’anni, la ragione dei trenta. Il soggetto preso nel mio cuore. Il libro intitolato Cuore. L’affetto, la benevolenza, la bontà studiate, cercate, volute, applicate nei differenti periodi della vita».

Il racconto alla Regina Margherita

In quello stesso anno De Amicis parte per Parigi dove segue per l’ “Illustrazione Italiana” l’Esposizione Internazionale giunta ormai alla quinta edizione.  Al ritorno è invitato nel salotto della regina Margherita alla quale, in mancanza di meglio, racconta per filo e per segno il suo progetto:  un romanticissimo libro intitolato Cuore. Poi il buio. De Amicis non è in forma fisica e un anno dopo scrive ancora a Treves che egli non pensa ad altro pur ammettendo nella stessa lettera di avere paura che «il pubblico» lo abbia preso «in uggia». Gli incoraggiamenti dell’editore sono espliciti ma  servono a poco. Lo scrittore propone altri testi e, a quel punto, riprendendo il carteggio Emilio Treves si spazientisce: «Sono sgomento. Tu mi scrivi d’ogni cosa fuor che….del Cuore. Fai di tutto meno il Cuore. L’hai dimenticato? O non hai più coraggio di far promesse finché non mi mandi i manoscritti? …Io aspetto il Cuore, il Cuore, il Cuore».

L’editore degli intellettuali

In quegli anni, rispetto al suo rivale più importante, Edoardo Sonzogno, Treves è l’editore nobile, riservato agli autori di nicchia. Dalla fitta corrispondenza con De Amicis  risulta però chiaro che Treves intuisce come un libro destinato ai giovani costituirebbe una novità importante in termini di vendite e di prestigio. L’ostinazione con la quale continua a richiederlo non sembra avere ragioni più forti, a dimostrazione che l’aziendalizzazione della letteratura ha radici lontane per quanto sia poca cosa rispetto a quella di oggi, decisamente vicina  all’azzardo dell’en plein.

Tuttavia nel 1880 l’autore dei libri di viaggio, Olanda, Marocco, Spagna, Ricordi di Londra, Ricordi di Parigi (quest’ultimo scritto nel 1879, vale a dire l’anno dopo l’Esposizione Universale e la missiva sul progetto) sembra aver messo in soffitta il suo libro ideale. Scrive invece dei sonetti. Ogni sonetto gli viene pagato quattro lire. E tanto pare che basti. Allora Treves torna alla carica scrivendogli che il suo è tempo rubato al libro Cuore. E’ il maggio 1880 quando Edmondo De Amicis comunica all’ editore che sta lavorando finalmente al libro ma il titolo ora non lo convince più: «ti dico francamente che una delle più gravi difficoltà è il titolo per me. Ah! se tu me lo lasciassi cambiare, quanto lo finirei più presto! In tre anni il mio modo di vedere si è mutato in molte cose».  E in attesa del best seller, Treves lascia correre e pubblica dell’autore i Ritratti letterari e le Poesie.

Cuore, un tormentone

Passano altri due anni. La storia del meraviglioso libro annunciato sembra ormai solo un tormentone. La narrazione  dovrebbe essere conclusa. Invece lo scrittore insiste ancora sul titolo e chiede che Cuore diventi Gli amici. Treves allora ricorda che il titolo è stato ormai pubblicizzato sulle sue riviste e De Amicis spiega che, in quegli anni, nel corso della scrittura, il registro è cambiato: «Ma perché Cuore? Ma se il libro è pieno di satira, di ironia, di scherzo». Di fronte a questa rivelazione Emilio Treves non ha più parole. Del resto lo scrittore aveva davvero cambiato registro? L’opera era davvero alle ultime battute? Non pare proprio.

L’anno successivo (1883) Edmondo De Amicis dà alle stampe con Treves un altro libro che effettivamente si intitola  Gli amici ma che non ha nulla da spartire con il progetto iniziale. Nel  1884 scrive Alle porte d’Italia, testo editato a Roma da Sommaruga. Segno che nei rapporti  tra l’editore e lo scrittore  qualche ombra si è allungata oltre le consuetudini e le aspettative. Ma nella vita di De Amicis si aggiunge un’altra novità: i suoi due figli, Ugo e Furio, sono ormai entrati in età scolastica. Frequentano le elementari dove un libro di lettura vero e proprio non c’è. Il progetto messo in cantiere quattro anni prima torna così in auge e questa volta la strada sarà più agevole. La corrispondenza con Treves torna puntuale: «Non ho più altro pensiero, altro affetto che il mio Cuore: i capitoli succedono ai capitoli; metà del lavoro è fatta tra le lagrime e gli scatti di gioia…». E ancora: «Vivo tra i miei ragazzi delle scuole elementari, li vedo, li sento e li adoro, non mi par più d’essere nato per altro che per quello che faccio. Ah la vedranno i fabbricanti dei libri scolastici come si parla ai ragazzi poveri e come si spreme il pianto dai cuori di dieci anni, sacro Dio!».

Best seller e long seller

Non fosse stato chiaro fino a quel momento, ora lo è per tutti, editore compreso. De Amicis pensò ad un’opera didattica, fatta con una buona dose di retorica, di buone intenzioni e di figure stilizzate utili allo scopo. Ne ebbe verosimilmente la controprova Italo Calvino  quasi un secolo dopo, nel 1971,  quando ripubblicò per Einaudi un De Amicis fino a quel momento sconosciuto: vale a dire  il racconto Amore e ginnastica incluso nel libro Fra scuola e casa (1892), dove l’autenticità dei personaggi  sembra inversamente proporzionale a quelli del libro adottato dalle scuole, Cuore

Ma per tornare alla storia letteraria sul finire dell’Ottocento, il best seller  fu pronto per le bozze nel maggio del 1986,  otto anni e mezzo dopo l’annuncio dell’autore.  A ottobre Treves lo mandò in libreria in tutta fretta con le illustrazioni dei suoi migliori disegnatori. Non a caso. Ottobre era il mese  in cui le scuole riaprivano i battenti. Il successo fiutato da lontano non venne smentito.  Né l’autore né l’editore potevano invece immaginare che nel giro di tre mesi sarebbe stato necessario approntare la 41° edizione mentre arrivavano dall’estero le richieste di traduzione.  Nel 1923 Cuore raggiunse un milione di copie vendute. Per l’epoca un record paragonabile solo a un altro long seller,   Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi che si stampò tre anni prima, che superò in fortuna il libro deamicisiano ma ebbe inizialmente una accoglienza tiepida e perfino contrastata dal moralismo e dalla bigotteria.

La struttura del romanzo

Cuore si articola come il diario di un allievo di terza elementare che racconta vari episodi di vita e le cose notevoli di un anno scolastico. Ma De Amicis ebbe l’accortezza, se non il colpo di genio, di rendere la lettura più agevole creando con questa struttura una cornice dove si collocano mese per mese nove racconti dettati dal maestro. I protagonisti di queste narrazioni sono proprio i ragazzi che assumono le vesti di eroi per coraggio, bontà,  sacrificio, in parallelo con la cultura idealista ma anche paternalista e  guerrafondaia del tempo come ricordò la critica di Luigi Russo alcuni decenni dopo («Il socialista De Amicis si rivela il più valido sostenitore e propagandista della borghesia capitalistica e nazionalista e guerrafondaia»). Francesco Flora, storico della letteratura italiana definì invece l’opera uno dei «più felici romanzi dell’Ottocento».

Franti, l’allevo più turbolento 

Per compendio dei patemi impliciti nell’opera, vale forse più di ogni nota critica lo spirito con cui Umberto Eco negli anni Sessanta scrisse Elogio di Franti, cioè del personaggio che nella storia deamicisiana interpreta il cattivo soggetto, per dirci che la pedagogia implicita nel romanzo è greve e insistita.  Ecco infatti comparire tra gli altri racconti La piccola vedetta lombarda, un bambino che si sacrifica per spiare le mosse dell’esercito nemico; Il piccolo scrivano fiorentino dove il protagonista è un altro allievo che senza dire nulla al padre lo aiuta ricopiando di notte alcuni registri, riducendo con questo il suo profitto scolastico e incorrendo nelle rimostranze del genitore ignaro, oppure  (con chiave ugualmente patetica),  Dagli Appennini alle Ande, un lungo racconto sull’emigrazione dove si parla di un tredicenne che ritrova la madre dopo numerose avventure e sfiancanti ricerche. Un registro opposto a quello di Amore e ginnastica dove lo humor e la vitalità contraddittoria dei protagonisti sembrano quasi sorgere da un altro immaginario senza preoccupazioni morali se non quelle della letteratura.

Marco Conti

Bibliografia: Mimi Mosso, Le origini e le vicende del “Cuore” di Edmondo De Amicis dal carteggio inedito di Emilio Treves in “L’illustrazione Italiana”, Milano, 1922; Mimi Mosso, I tempi di “Cuore”, Mondadori, 1925; Edmondo De Amicis, Amore e ginnastica (con una nota di Italo Calvino), Einaudi 1971; Umberto Eco, Diario Minimo, Mondadori, 1963; Edmondo De Amicis, Cuore, Treves, 1886;  Luigi Russo, La cultura popolare e il De Amicis, in Belfagor, 1a. VII, n. 6. 1950;  Pino Boero, Giovanni Genovesi, Cuore. De Amicis tra critica e utopia, Franco Angeli, 2009

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