“La promessa”, ovvero la fine della detective-story

Davvero l’intelligenza investigativa arriva alla verità? Friedrich Dürrenmatt è convinto del contrario e il romanzo La promessa ne è la dimostrazione. Sull’ottimismo e sulla fede nel giudizio umano, lo scrittore svizzero aveva già posto l’ipoteca nel 1956 con La Panne. Una storia ancora possibile, dove un rappresentante di tessuti finisce per ammettere un omicidio davanti a un tribunale inventato per gioco da giudici in pensione. Due anni dopo il breve romanzo La promessa demolisce anche il mito di un genere letterario. Lo fa prestando la prima voce del narratore a un alter ego dell’autore, un giallista che durante un breve viaggio ascolta la storia che gli viene raccontata dall’ex comandante della polizia cantonale zurighese. Ironicamente è questo stesso personaggio che, dopo aver ascoltato la conferenza dello scrittore sull’arte  della detective-story, confessa le sue riserve sulla credibilità del genere letterario. La dimostrazione che fornisce è la storia di una disfatta.

Friedrich Dürrenmatt

Il giallo

Al centro del racconto compare la figura di quello che viene considerato il migliore investigatore della polizia, il commissario Matthäi, «un genio», deciso però a lasciare il lavoro quotidiano per un incarico di prestigio all’estero. Ormai pronto per la partenza finisce per curiosità sul luogo di un ultimo delitto: una bambina uccisa ai margini di un bosco in una zona rurale. Si profila un delitto a sfondo sessuale. Inesistenti gli indizi. Non c’è alcun testimone e un violento acquazzone ha cancellato le tracce sul terreno. Ma il corpo esanime della piccola è stato ritrovato da un ambulante che ha avvertito la polizia. Pregiudizialmente, agli occhi del villaggio, proprio questa circostanza fa dell’uomo un colpevole. La polizia non ha motivo di sospettare ma per evitare guai peggiori arresta l’ambulante. Dagli archivi saltano però fuori, a carico dell’uomo, un episodio di molestie e un furto e l’insistenza di un interrogatorio infinito fa crollare il poveretto. Ammette l’addebito e poco dopo si suicida in cella. Il caso è chiuso.

Chiuso per la polizia ma non per il commissario Matthäi che, imprudentemente, ha promesso ai genitori della vittima di trovare il colpevole. Un particolare emerso lo convince invece dell’innocenza dell’ambulante e, contro la presunzione di tutti, rinuncia al lavoro all’estero e torna sui suoi passi pur non avendo alcun incarico formale.

Le probabilità e il caso

Il capo della polizia lo canta chiaro: spesso la soluzione di un delitto è una questione di probabilità. Ma per l’autore della Promessa la realtà è più complessa e, in fondo, è il caso a decidere delle vite, del lavoro, della soluzione dei delitti. Tant’è che il commissario fa una scelta improbabile. Per trovare il colpevole decide di aspettare, di indagare con discrezione. E lo fa mettendo in gioco ogni cosa. Compera una stazione di rifornimento di benzina dopo aver compreso che la grossa auto scrura di cui aveva parlato l’ambulante negli interrogatori, circostanziando gli avvenimenti nell’ora del delitto, deve essere stata condotta  dall’assassino. L’esperienza gli dice che è la stessa auto notata in altri due casi analoghi avvenuti ad anni di distanza nel cantone. Matthäi, divenuto ormai leggenda nel commissariato, si spinge oltre. Senza rendere palese la cosa, prepara un’esca: una bella bambina di cui ospita la madre negli alloggi annessi alla stazione di benzina. E la cosa sembra funzionare. Arriva il momento atteso.

La soluzione

Davvero tutto è pronto . Matthäi riesce a portare sul posto gli ex colleghi. Ma avviene un incidente, un fatto di cui nessuno è a conoscenza perché irrilevante rispetto all’indagine. E l’indagine si ferma. L’ex commissario, il genio dell’investigazione, si ritiene sconfitto, inizia a trascurare il suo lavoro quotidiano, diviene un alcoolista. Nessuno potrebbe arrivare alla soluzione del caso non fosse per una circostanza che coinvolge, anni dopo, l’ex capo della polizia. Una signora abbiente lo convoca al proprio capezzale in punto di morte e il narratore assolve l’incombenza pensando a un lascito, un atto di generosità come ne capitano di tanto in tanto, per il corpo di polizia. Non sarà così.

Friedrich Dürrenmatt sorride amaramente nel finale di queste pagine. L’Ottocento di Scherlock Holmes e degli slanci confidenti nell’intelligenza o, metonimicamente, nei suoi strumenti, è davvero concluso. Si è protratto a lungo creando un genere, inventando enigmi risolti a tavolino. Dürrenmatt sembra dirci che la realtà è più complessa, sfuggente, senza fili dirimenti. Sulle vite umane trionfa soltanto il caso.

Marco Conti

Friedrich Dürrenmatt, La promessa, trad. Donata Berra, pp. 162, Adelphi, 2019; euro, 15,00

 

 


Scrivici la tua opinione


 

Back to Top
error: Content is protected !!