
La prossima edizione di Documenta, rassegna quinquennale di arte contemporanea, si svolgerà dal prossimo 18 giugno 2022 ed è stata annunciata con i nomi degli invitati sul giornate Asphalt, un periodico tedesco venduto per aiutare i senza tetto. L’idea è dei ruangrupa, ovvero un collettivo di artisti indonesiani chiamati a selezionare gli ospiti della quindicesima Kassel. Il titolo dei percorsi convocati sarà Lunbung, cioè “Granaio di riso”: invito a perseguire nel tempo «un diverso modello di utilizzo delle risorse orientato alla comunità, non solo economico, ma anche prendendo in considerazione idee, conoscenze, programmi e innovazioni». Insomma Kassel non si discosta da Kassel, il cui motivo ispiratore originario, nel 1955, era quello di portare l’arte agli operai e avvicinare gli europei lacerati dalla guerra. Ma naturalmente nessun salariato o stipendiato, in quanto tale, si è mai avvicinato all’arte per merito di Kassel. Forse la prerogativa maggiore di questa esposizione straniante è stata, al contrario, quella di interrogare l’arte contemporanea, nell’accezione critica, verso l’arte stessa, che fu di Duchamp.
Enrique Vila-Matas
Lo scrittore catalano Enrique Vila-Matas, autore che ha fatto della metaletteratura il suo centro gravitazionale, non poteva forse non dedicarsi alla rassegna di Kassel, autoriflessiva almeno quanto appaiono i labirinti creativi delle sue pagine. In Kassel non invita alla logica (2014), Vila-Matas è lo scrittore (ovvero personaggio di se medesimo) che viene invitato a Documenta per fare se stesso: sedere al tavolino di un bar periferico dove scrivere, annotare, semmai rispondere alle domande dei visitatori che lo interpellassero. Una condizione che, volendo prescindere dallo stesso romanzo, sembra essere un atto di narcisismo emblematico del tempo e, insieme, una irritante autocritica.

Disorientamento
Se i romanzi dello scrittore catalano sono fatti per disorientare attraverso citazioni, rimandi, reinvenzioni, labirinti di finzione, ecco che le pagine dedicate a Kassel, tornano sul suo percorso con le forme dell’avanguardia artistica. In Dublinesque (2010) era un editore in via di fallimento che vuole scoprire quali erano le sue possibilità: «Sono anni che conduce una vita da catalogo. E difatti gli risulta ormai molto difficile sapere chi è veramente. E, soprattutto, quel che è ancora più difficile sapere, chi avrebbe potuto essere.» Cosa c’è di meglio allora se non attraversare Dublino nel giorno in cui si celebra lo scrittore dublinese per eccellenza, il suo mito, la sua pietra di paragone, ovvero il Bloomsday in onore di James Joyce? Sullo sfondo c’è il mondo digitale che sta soppiantando quello cartaceo e con esso i talenti del passato.
«L’arte è quello che mi sta succedendo»

Ma nel romanzo di Kassel le domande sulla contemporaneità e l’artista sono più pressanti e decisive. Non si parla per esempio dell’originalità, come criterio della modernità in arte e in letteratura: anche questo tema, affrontato più tardi in Un problema per Mac (2017) è meno urgente di quello che si intravede nel dedalo degli incontri, delle vie, delle kermesse d’arte di Kassel. Ci sono da visitare e meditare il buio parlato di Tino Sehgal, c’è il binario sonoro di Susan Philipsz. E ci sono dei dubbi: Vila-Matas non vuole accordarsi a quanti sostengono che l’arte contemporanea d’avanguardia è una teoria che produce solo autoriflessioni. E’ piuttosto incline a pensare che gli artisti accettino di rinunciare alla bellezza per procedere verso la vita, verso un’idea di vita che incontra e identifica la forma. Lo scrittore dà luogo a molte raffinate variazioni sul tema e infine, Vila-Matas opera d’arte di Kassel, non ha di meglio che osservarsi come oggetto nel mondo, ovvero nella cultura del suo tempo. «Volevo ritornare al mondo, anche se da tempo era già colato a picco» scrive mentre prepara i bagagli pronto a lasciare la sua ultima avventura. «Mi sentivo come se ogni assioma della mia vita si fosse rivelato falso». Pensieri cupi e brumosi occupano l’intera nottata dello scrittore. Al mattino il sole sembra disperderli. Un taxista cinese inviato dall’organizzazione staziona davanti all’hotel. Le ultime righe sembrano conciliare l’avventura, la teoria, e la prassi: «L’arte era, in effetti, qualcosa che mi stava succedendo, accadendo in quel momento stesso. E il mondo di nuovo sembrava inedito, mosso da un impulso invisibile.»
Al lettore resta allora il dubbio che le pagine di Vila-Matas e le idee di Kassel uniscano lo stesso percorso di laboratorio aperto: trucioli, sbaffi di colore, spifferi. Il fascino dello straniante come fine.
François Morane
Enrique Vila-Matas, Un problema per Mac, trad. Elena Liverani, Pp. 288, Feltrinelli, 2019; Kassel non invita alla logica, trad. Elena Liverani, Pp. 254 Feltrinelli, 2015; Dublinesque, trad. Elena Liverani, 2010, Pp. 246