L’ultimo romanzo di Mathias Enard tra i fasti di Rabelais e i verdi canali del Poitevin
«Questo posto, va da sé, ho deciso di chiamarlo Pensiero Selvaggio»: sono le prime parole del narratore di Il banchetto annuale della confraternita dei becchini. Un omaggio che il giovane etnologo protagonista del romanzo di Mathias Enard rende a Lévy-Strauss se non altro per immergersi mentalmente nel proprio lavoro. Parigino, David Mazon si trova ora nel Marais Poitevin, in una campagna verdissima, luogo di tradizioni agli antipodi della metropoli da cui proviene. Affitta così la stanza di una fattoria, si fa prestare un motorino per raggiungere il paese e svolgere le interviste che dovranno confluire nella sua tesi di dottorato. Nel frattempo redige il suo diario. Il primo tempo del romanzo di Enard coincide dunque con le pagine del diario, gli incontri del protagonista, i dubbi, le inezie quotidiane. La scrittura di Enard, funambolo di registri e modi, resta per il momento sospesa sul piano scorrevole e un po’ sciatto della pagina diaristica d’occasione. Ci si guarda intorno: c’è il Bar-Pesca (sostituto dell’italianissimo Bar Sport) unico luogo di incontro del paese, c’è il sindaco Martial che di professione fa il becchino, Max, un artista che ha scelto di vivere ai margini, una giovane orticoltrice, Lucie, impigliata tra i doveri di soccorso al nonno e al cugino Arnaud detto Nono, detto Babbeo, che recita a richiesta le efemeridi del giorno senza sbagliare una data, un nome, una nascita.
Nel cuore del romanzo
Ma il cuore del romanzo è altrove. Mathias Enard, autore di Zona, di Parlami di battaglie, di re e di elefanti, del premio Goncourt Bussola, non è narratore che si spenda in una semplice trama, pur sorvegliata e incisiva. E’ autore nel senso più pieno del termine e la sua scrittura è stile. In questo libro Calvino vedrebbe una declinazione del suo concetto di “Molteplicità”. La linea diegetica è infoltita passo a passo di registri inattesi che stratificano le forme del racconto. E nella cornice del Marais-Poitevin, tra i verdissimi canali che attraversano la campagna, lo spazio e il tempo si dilatano. Di ogni personaggio Enard racconta presente e passato. Il banchetto annuale della confraternita dei becchini è infatti uno iato tra due mondi che richiama altre epoche e altri personaggi: «Arnaud leggeva negli altri come in un libro aperto – solo lui sapeva che il nonno era stato, alla rinfusa, mezzadri uomini e donne, sguattere di fattoria, un bracconiere errante, svariati caprioli, un cane, degli storni, o che lui stesso, Arnaud, doveva le proprie conoscenze meccaniche al fatto di essere la reincarnazione di un meccanico di Villiers». L’esergo del romanzo che cita il Budda non è dunque un approccio culturale, ma il pensiero con cui il narratore entra nella stratificazione della storia. I tre giorni di festa e di tregua concessi ogni anno ai becchini diventano quindi uno spazio in cui la Morte resta sospesa e i personaggi passano in rassegna dentro la Ruota del tempo e delle sue metamorfosi.
Rabelais, La molteplicità
Il romanzo non si limita tuttavia ad un itinerario narrativo tra le epoche. Entrando nella galleria dei cicli di vite, morti e rinascite, la tregua del banchetto annuale dà luogo a una sorta di enciclopedia della tradizione. Cibi, vini, figure dell’immaginario, canzoni, vi vengono richiamate con puntualità: «Il privilegio di scegliere la canzone spettava ogni anno a una delegazione differente – questa volta erano stati designati i becchini occitani; il trou sarebbe stato quindi biterrese, di Béziers, o narbonese, di Narbonne; gli alcolici, dell’Ovest: un liquore di angelica del Marais, verde come una chartreuse, inebriante con una fata nella nebbia, oppure un’acquavite di prugne blu distillata tre volte, certo un po’ aspra, un po’ ruvida, ma con un retrogusto profumato, come i morti che risveglia.» Dal timbro mimetico, a tratti lirico, Enard passa a quello burlesco, ripete l’elencazione di Rabelais, il grottesco e l’umorismo nero di Gargatua, cita Boezio, il trovatore Jaufré Rudel, San Tommaso d’Aquino, Schopenhauer e la fata Melusina che a sua volta convoca l’immaginario medioevale.
Nell’ultima parte del romanzo, stemperata una scrittura di grande talento inventivo, si torna invece alla vicenda di David, etnologo ormai avvinto dall’atmosfera del Poitevin. Ma non senza un ultimo colpo di coda sulla la postmodernità conflittuale, sulla necessità di sporgersi fuori dalla concezione più superficiale e condivisa del nostro tempo.
Marco Conti
Mathias Enard, Il banchetto annuale della confraternita dei becchini (trad. Yasmina Mélaouah), pp. 471, edizioni e/o; euro 19,00