Paolo Bertolani

Un paese. Che muore
nell’unico minuscolo emporio, nel lavoro.
“Colpo
di grazia, non trovi?!, alla nostra ormai decrepita
malinconia di sinistra”.
“E i sindacati?”. Lo chiedemmo
guardando dalla nebbia del bicchiere verso
il banco di mescita.
“Stanno seduti a un tavolo lontano. Dietro un esercito
di telefoni. Di carta stampata”.
Paolo Bertolani, da “Contributo per un programma di volantini”, in Nuovi Argomenti, n. 56, 1977, Garzanti.
Raffaele De Luca

Chissà dove sono morta
dove sono rinata
in quale alito fresco ho disperso
la mia cenere.
Eppure primavera pulviscolo rosa
ci da il sole
ci da questi dolci artigli
che rigano la faccia.
Chissà in quali improbabili universi
torneremo a rinascere
saremo bruma, saremo squame
saremo questa pietra fresca
che si accende al sole?
Poi non saremo più niente
debordano verso il nulla le parole
chi noi chi
ora che una voce roca ancora chiama
intreccia castelli intreccia
aspira alla foce il fiume
ora che nel buio si perde
quest’ultimo animale.
Raffaele De Luca, “Chissà dove sono morta”, da Ombre Rosse, N. 33 Marzo 1981, Savelli Editori
Michael Ondaatje

Pavone significa ordine
canguri che lottano significano pazzia
oasi significa che ho scoperto l’acqua
posizione del francobollo – testa del tiranno
orizzontale, o “poliziotti a cavallo”,
significano pericolo politico
date false significano che
non sono dove dovrei essere
quando parlo del tempo
intendo affari
una cartolina in bianco dice
che sono nel deserto.
Michael Ondaatje, “Traduzioni delle mie cartoline”, trad. S. Albertazzi, in Linea d’ombra, n. 89. 1994.
Alexandre O’Neill

Dove sono gli orologi che ci davano
il tempo generoso
le dita virtuose dei piedi
musicali del tempo
le sale dove il lusso apriva le ali
e volava di sedia in sedia
di sorriso in sorriso
fino a cadere esausto e felice
nel cuscino azzurrissimo del sonno
Oggi non è facile il tempo
non è più il vostro tempo
viandanti del sogno che divide
dolci fratelli della rosa
colonne del tempio dell’Immobile
prudenti amici della vertigine
deliziati poeti di un’angoscia
senza visceri reali
non è più vostro il tempo
Spose dell’invisibile
non è vostro il tempo
Orologi dell’eterno
non è vostro il tempo
Alexandre O’Neill, da “Con la voce contraffatta della poesia” in La Parola interdetta, poeti surrealisti portoghesi, trad. A. Tabucchi, Einaudi 1971
Roberto Pazzi

Certe volte mi ricordo di cose
che non ho mai visto,
di persone e linguaggi
che non ho mai conosciuto,
vedo passare nella mia stanza
notti che non ho vissuto
e per le strade avanzare con vele bianche
giornate senza nessuno dei vivi a bordo.
Cerco allora il buco da cui sono uscite
tutte le cose che non sono mie:
forse qualcuno verrà a chiedermi
come mai le viva io,
dovrò protestare che non ne so niente,
che non le ho rubate a nessuno.
Altre volte non ho paura,
mi pare di non dovermi difendere,
di dovermi salvare soltanto dalle cose mie;
sento che la mia prigione
è uno spazio elastico quanto la mia memoria
e che le uniche fughe sono queste.
Roberto Pazzi, “La prigione della memoria”, da Calma di vento, Garzanti, 1987.
A casa mia,
quando veniva il fumista,
era una specie di festa,
un trambusto con la fuliggine
dappertutto
e mia madre vinta
dalla caligine
di quell’uomo.
E l’Emma mi guardava
guardare incantato
quel fumista mago
che poteva tutto.
Roberto Pazzi, “Il fumista”, da Calma di vento, Garzanti, 1987
Véronique Pittolo

A seconda dell’umore, lei mi chiamava: “Giorno Mio, Notte Mia”…
Bionda, graziosa, occhi particolari.
Rimpiangeva ormai quello che chiamava il suo poeta
Lamentoso, il colore dei suoi capelli,
il piano dove aveva vissuto…
Di notte, sotto i suoi passi, il chiasso del métro,
lo sguardo della gente, le promesse,
La camicetta bianca rendeva il suo volto inaccessibile,
carne cancellata sotto la stoffa.
La sua bellezza la faceva tremare,
la sera in cui le cose accaddero.
Véronique Pittolo, A seconda dell’umore lei mi chiamava…” trad. M. Conti da “Montage” , Fourbis, 1992.
