Barbero, ecco come la storia fa volare l’immaginazione

 

«Quando si atterra a Mosca col buio, mentre l’aeroplano vira lentamente sulla città in attesa che trasmettano il segnale di via libera, è facile che l’occhio incontri dal finestrino il grattacielo dell’Università, sui Monti dei Passeri. Le luci sono accese dietro innumerevoli finestre, fioche, è vero, ma nella notte brillano».  Alessandro Barbero inizia così un viaggio nella Russia contemporanea, precisamente fra il 1987 e il 1991, in Romanzo Russo: l’unico a detta dello scrittore, che sia valso la pena di scrivere, nonostante  un limitato successo di pubblico . Alessandro Barbero , docente nell’Università Vercellese, è peraltro scrittore prolifico e versatile con all’attivo numerosi saggi storici e quattro riusciti romanzi, l’ultimo dei quali “Poeta al comando” ha come protagonista un’altra città, Fiume. Sono le città protagoniste i fili conduttori dei suoi romanzi? O il filo conduttore è un altro, ad esempio le grandi disfatte della storia? Nello studio dell’ateneo vercellese, Barbero ha risposto alle nostre domande.

Lei è docente universitario e saggista ma anche un romanziere… Uno scrittore creativo. Come convivono questi i ruoli? E quale parte vorrebbe far prevalere?

«Perché dovrei far prevalere una parte? A me piacciono  entrambe le cose. Non ho mai sentito il fatto di essere uno scrittore come contraddittorio al mio essere storico, anzi è una conseguenza diretta, del resto faccio romanzi storici. L’insegnamento è una parte molto divertente del mio lavoro alla quale non rinuncerei per chiudermi in casa a scrivere».

Alessandro Barbero


Nel 1996 con il suo primo romanzo “Bella vita e guerre altrui di Mr Pyle gentiluomo” ha ottenuto il premio Strega ed è stato tradotto in varie lingue: a cosa deve, secondo lei, il suo successo?

«Esattamente i motivi del successo di Mr Pyle a me sfuggono un pochino. Tuttora sono convinto che i meccanismi di mercato siano strani, è difficile  capire. Ero convintissimo che un libro ambientato in Prussia agli inizi dell’Ottocento non potesse interessare a nessuno. Invece il libro ha avuto fortuna e ha incontrato la voglia di romanzo storico. Ha vinto un premio famoso, ma i premi si vincono per una serie di combinazioni, di colpi di fortuna, di spirito del tempo, perché magari quell’anno chi organizzava  il premio aveva piacere di far vincere un autore nuovo, giovane, insomma una serie di combinazioni».

«Ho cominciato come tutti… »

Quando ha iniziato a scrivere di narrativa? E come è nato il suo primo romanzo?

Il primo romanzo di Barbero (Premio Strega) è del 1995

«Da ragazzo scrivevo racconti e poesie come tutti. All’Università ho deciso che avrei fatto lo storico e quindi mi sono concentrato su quello. Quando la mia carriera di medievalista si è assestata è rispuntata fuori la voglia di scrivere, a quel punto ero abbastanza grande da concepire il progetto di un romanzo. Scrivere di narrativa è stato un hobby di lungo periodo: mi sono divertito per anni ad accarezzare l’idea di un romanzo, a costruirlo pian piano e lavorarci a tempo perso. Il mio primo romanzo mi ha tenuto compagnia quasi dieci anni».

Lei è un medievalista; perché i suoi romanzi, a differenza dei saggi, sono ambientati in epoca moderna? Ha fatto velo il fatto che vi siano altri scrittori, come Umberto Eco e Laura Mancinelli, che hanno attinto all’epoca medievale creando un filone di successo?

«Per come scrivo io sarebbe difficile ambientare un romanzo nel medioevo. Quando scrivo è fondamentale vedere le scene, i personaggi nel concreto della loro fisicità: in realtà del Medioevo sfugge la quotidianità: sappiamo poco dei modi, degli ambienti, degli interni. Tengo molto agli ambienti. Descrivo bene una scena se la vedo che gli occhi della mente. Non sono così snob da rifiutarmi di partecipare ad un filone di grande successo, ma il motivo rimane quello che già detto: il piacere di scappare dal medioevo ogni tanto».

«Come nascono i miei romanzi»

Si sente particolarmente legato ad uno dei suoi personaggi o ad uno dei suoi libri?

«Mi sento particolarmente legato a Romanzo Russo (“Romanzo Russo. Fiutando i futuri supplizi” Mondadori, 1998 ndr). Tra i miei libri è quello di minor successo, ma per me l’unico che sia valso la pena di scrivere».

Come nascono i suoi romanzi?

«Partono da un bacino di interessi e soprattutto di letture. Quando mi accorgo che un certo momento storico, una certa vicenda mi affascina e che, senza averlo deciso, sto leggendo molte pagine su quell’argomento, in quel momento posso decidere di scrivere un romanzo. Diventa, perciò, sistematica la ricerca e il piacere di lettura e di accumulo di notizie. Le passioni, che hanno originato Mr PyleRomanzo Russo, mi hanno accompagnato per gran parte della vita. L’ultimo rosa di Lautrec e Poeta al comando, scritti nel 2001 e 2003, nascono da un processo più rapido: avevo già pubblicato, sapevo di poter fare un romanzo, mi veniva chiesto dall’editore un nuovo scritto. Il meccanismo è sempre quello: la voglia di immergermi in una situazione».

Il romanzo su D’Annunzio a Fiume

Poeta al comando, 2003

Lei ha scritto un romanzo su Gabriele D’Annunzio , “Poeta al comando”, una delle figure più  appariscenti della nostra letteratura moderna, ma anche delle meno amate . Perché questa scelta?

«A me del personaggio D’Annunzio non importava nulla! Il romanzo è su Fiume. L’Italia a cavallo tra la guerra mondiale e il fascismo è uno strano paese, è un momento storico quasi dimenticato, schiacciato tra grandi eventi. La vicenda di Fiume è stata vissuta da molti con grande allegria, come una grande avventura. In più si inserisce questo personaggio strano, un poeta bizzarro e mattoide, che si sente invecchiare e tenta un’impresa destinata a finire male. Ecco io sono sempre stato molto affascinato dai grandi disastri: in “Mr Pyle” la battaglia in cui i Prussiani vengono sbaragliati, Lautrec e la sua morte, l’Unione Sovietica… Sono assolutamente affascinato dalle disfatte, dai grandi sforzi organizzati che finiscono malissimo».

“La lavandaia” di Henri de Toulouse-Lautrec. La vita e la morte del pittore francese ha ispirato il romanzo di Barbero, L’ultimo rosa di Lautrec, edito nel 2001

Il presente? Un’epoca superficiale

Come storico, le chiedo un parere sulla situazione contemporanea. La storia è ciclica, si ripete?

«Le opzioni a disposizione degli esseri umani sono limitate, quindi si fanno sempre gli stessi sbagli. Speriamo che la storia sia ciclica: così all’epoca orrenda in cui viviamo adesso potrà almeno seguirne una migliore. Chiaramente vivere nell’Occidente nel 2004 è una fortuna, però complessivamente sono anni di volgarità reazionaria, superficialità culturale, di uso distorto della storia, di mancanza del senso della vita e, per essere retorico, di ideali. Ritengo esagerata l’esaltazione della flessibilità, della provvisorietà, del privato e la volgarità ampiamente condivisa dalla gente». 

Giancarla Savino

* L’intervista qui proposta è stata realizzata e pubblicata su La Nuova provincia di Biella” sabato 6 marzo 2004, a pagina 19 col titolo Lautrec, Fiume, la Russia. Il fascino delle disfatte

 

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