Compie centodieci anni l’indimenticabile romanzo di Alain-Fournier

Centodieci anni fa, nel luglio 1913, la Nouvelle Revue Française iniziava a pubblicare a puntate quello che sarebbe divenuto un romanzo di culto, Il grande Meaulnes, una storia ambientata nel cuore antico della Francia, tra boschi e campagna. Un romanzo di formazione, si è detto spesso, perché i due protagonisti si confrontano per la prima volta con l’amore, con lo slancio verso la vita e la condanna alla delusione. Ma la qualità che ha distinto il romanzo di Alain-Fournier rispetto alla vasta rassegna di opere narrative legate ai tempi inquieti dell’adolescenza, è la stessa che partecipa al sogno, alla confusione che accompagna l’infanzia quando si apre all’esperienza e ai desideri di una nuova stagione. Il paesaggio verde e incantato del Grande Meaulnes ne è parte integrante come lo è la quotidianità dei ragazzi. Ragazzi che portano gli zoccoli, che osservano i nonni lavarsi con un secchio d’acqua del pozzo, che aspettano in cortile che sia accesa la stufa della scuola. E’ la cornice che si è voluta definire rustica contro l’immaginario poetico che scaturisce da questi ambienti e di cui pochi indizi sono nondimeno formidabili: un castello nel bosco, una festa notturna, la seducente figura di Yvonne de Galais, le fughe misteriose e i racconti di Agostino Meaulnes fatti al narratore, suo coetaneo, François Seurel. Paradigmaticamente lo scrittore ha dato un nome vago e pressoché intraducibile all’oasi che i giovani cercano nei boschi: domaine. Parola che può indicare una vasta tenuta, oppure un regno, in ogni caso un particolare territorio. In una delle prime versioni italiane, il traduttore Piero Bianconi sottolineò l’ambiguità del termine mantenendo nel testo il corrispondente etimologico, “dominio”. E’ questo regno, dunque, il contraltare della vita del villaggio, il luogo dove gli amori sospesi nel cuore dei protagonisti prendono forma, si confrontano con inattese svolte del destino. Lo psicologismo, in Alain-Fournier, non è di casa. E la fortuna del romanzo è forse legata anche alle domande che pongono i personaggi con l’intreccio delle loro vite.
“Miracles”

Di questo mondo romanticissimo restano non solo le pagine dell’unica opera pubblicata in vita da Alain-Fournier, ma anche alcune poesie e numerosi brani di prosa comparsi per la prima volta nel 1924 da Jacques Rivière con il titolo Miracles, libro poco conosciuto e raramente tradotto. Ecco in una versione inedita, “L’amore cerca luoghi abbandonati”
«Nelle lunghe sere piovose l’amore cerca luoghi abbandonati.
Abbiamo seguito il sentiero d’erba che andava non so dove una domenica di settembre. Ci ha portati su un’altura dove la pioggia si raccoglieva come una bianca foresta perduta. Là, in una vigna terrosa e annerita, mi precedeva il mio amore. Con tenerezza guardavo le sue spalle trasparenti sotto la seta bagnata e la sua mano, il gesto che accompagnava la sciarpa rossa, fradicia, dicendo: “Ancora più lontano! Ancora più persi!”
Abbiamo trovato un boschetto deserto con grandi archi di ferro rovinati a terra, vestigia di un pergolato. In lontananza, nella vallata, si scorgeva un paese fumante di pioggia. Volti umani che guardate dietro le finestre, com’era lento davanti a voi lo scorrere delle ore nelle strade e monotono alle orecchie il suono dell’acqua nel canale – accanto la sera randagia lungo i viali del nostro rifugio di frasche! Ci siamo gettati pioggia sulla faccia, ci siamo ubriacati del suo gusto denso. Siamo saliti sui rami fino a bagnarci la testa nel grande lago del cielo mosso dal vento. Il ramo più alto, dov’eravamo seduti, si è spezzato e siamo caduti entrambi in una cascata di foglie e di risate, come in primavera due uccelli impacciati nell’amore. E talvolta, amore, avevi questo gesto selvaggio, scostare coi capelli dagli occhi, i rami del pergolato, perché il giorno continui nella nostra tenuta le cavalcate sui sentieri incerti, gli incontri colpevoli, le attese ai cancelli, e le feste misteriose che portano la pioggia, il vento e gli spazi perduti.»
Questi passi sembrano un estratto dell’immaginario che Alain-Fournier riserva al narratore del Grand Meaulnes: con la distanza che separa l’Eden amoroso dal villaggio, con una pioggia sensuale che isola gli amanti e li relega in un mondo “altro” senza il tedio, senza le contingenze del quotidiano. Ugualmente le poesie di Miracles insistono su questo registro: l’amore vi si affaccia come salvazione e momento epifanico come nei versi di “Attesa”.
Una poesia di Alain-Fournier
Attesa Attraverso noiose estati in classe in silenzio e che piangono di noia, Sotto l’antico sole dei miei pomeriggi Pesanti di silenzio solitari e sognanti d'amore d’amore sotto i glicini, in ombra, nel cortile di qualche casa tranquilla e persa tra i rami, Attraverso mie lontane infantili estati, per chi sognava l’amore per chi piangeva l’infanzia, Sei arrivata, un caldo pomeriggio nei viali sotto un ombrellino bianco con un’aria stupita, seria, un po' sospesa come la mia infanzia, con un ombrellino bianco. Sorpresa del tutto insperata per essere venuta ed essere bionda, d’esserti messa d’improvviso sul mio sentiero, e subito regalare la freschezza delle tue mani e nei capelli tutte le estati del Mondo.
La biografia con le parole di Jacques Rivière


Il critico letterario Jacques Rivière conobbe Alain-Fournier nell’adolescenza e ne sposò la sorella, Isabelle, nel 1909. Introducendo Miracles, scrive: «Sono il solo ad averlo davvero conosciuto. Abbiamo legato al liceo Lakanal, dove eravamo entrati nell’ ottobre 1903 per prepararci all’Ecole Normale Supérieure. Avevamo la stessa età, diciassette anni. L’amicizia non fu immediata né si avvicinò senza peripezie». Rivière descrive lo scrittore animato da un forte spirito di indipendenza che più tardi «attribuì a Meaulnes» e che lo portò a prendere il comando di un gruppo di ribelli contro l’istituzione scolastica e le sue gerarchie. Nondimeno Alain-Fournier si confidava (l’incontro tra i due avvenne a Parigi): «parlava del suo paese con passione. Era nato alla Chapelle-d’Angillon, un piccolo capoluogo dello Cher, a una trentina di chilometri a nord di Bourges, sui confini della Sologne e del Sacerrois, nel centro della Francia. Ma era soprattutto di Épineuil-le-Fleuriel, un ancora più piccolo villaggio, situato all’estemità opposta del dipartimento, tra Saint-Amand e Montluçon, dove i genitori furono a lungo insegnanti e dove aveva trascorso l’infanzia, che mi faceva lunghe descrizioni entusiaste da innamorato. Vedevo la sua vita di giovane contadino in questa campagna priva di pittoresco, lenta, pura e ricca e di cui la sua anima era intrisa.» Per Rivière il mondo dell’amico si concentrava in ciò che aveva scoperto dalle finestre della scuola di Épineuil. Ma nonostante tante diversità i due finiranno col comprendersi profondamente. Dal punto di vista letterario, secondo Rivière, la loro giovinezza era immersa nel clima del simbolismo: «Un clima spirituale – scrive ancora il critico- un luogo di delizioso esilio, o di rimpatrio piuttosto, un paradiso. Tutte quelle immagini che oggi spenzolano sbrindellate e flosce, ci parlavano, ci circondavano, ineffabilemte ci accompagnavano.»
Gli altri libri postumi

Alain-Fournier morì nel 1914 in una delle prima battaglie nei pressi di Verdun. Il suo corpo venne identificato solo nel 1991 in una fossa comune tedesca. Dopo Il grande Meaulnes aveva continuato a scrivere. Ha lasciato incompiuta una commedia e un altro romanzo intitolato Colombe Blanchet. Proprio Jacques Rivière, che è stato il curatore dei brani sparsi di Miracles, risulta coautore della una cospicua corrispondenza con Alain-Fournier editata nel 1925. Nel tempo si sono aggiunti a questo primo carteggio quelli con la famiglia e con un’amante, Pauline Benda, un’attrice nota alle scene come Madame Simone: le loro lettere sono state pubblicate nel 1992 da Fayard: Alain-Fournier, Madame Simone, Correspondance 1912-1914.
Jack Kerouac e la fortuna del grande Meaulnes
Il ruolo dell’amico Rivière, prima redattore e poi direttore della Nouvelle Revue Française, fu cruciale per far conoscere Il grande Meaulnes. Il romanzo, come detto, uscì sulla Nrf a puntate e, nello stesso anno, in volume, sollevando immediatamente grande interesse. Non si conosce il numero di edizioni fatte dopo la comparsa dei “tascabili” all’inizio degli anni Sessanta. L’opera ha influenzato il Salinger autore di un altro romanzo-culto e di formazione, “Il giovane Holden”. Certamente ha affascinato Jack Kerouac che infila una copia del Grande Meaulnes nel bagaglio del protagonista di “Sulla strada”, Sal Paradise: unica scorta letteraria del suo viaggio. Forse inaspettatamente per un’opera del primo Novecento, i critici Robert Baudry e Francine Mora-Lebrun hanno messo in evidenza come il tema centrale riprenda la La Quête du Graal. Perceval e Gaalad in questa lettura sono gli antesignani di una ricerca di perfezione dell’anima che Agostino Meaulnes e François incarnano con altre vesti; Baudry ha parlato esplicitamente di “un romanzo iniziatico” in cui è l’ideale ad essere il vero oggetto dell’itinerario dei moderni cavalieri. Ma al di là dei parallelismi, delle simbologie, degli affondi nel corpo della storia letteraria, il cuore della seduzione esercitata della scrittura di Fournier prende in prestito l’atmosfera della leggenda per farne un capolavoro della modernità con una scrittura limpida, capace di raccogliere in ogni pagina quella visualità che immerge il lettore in un altro spazio. Per non dire dell’incipit dove nostalgia e mistero ci prendono subito per mano pronunciando quasi sommessamente una promessa:
«Arrivò a casa nostra una domenica del novembre 189… Dico sempre “casa nostra”, anche se la casa non è più nostra. Abbiamo lasciato il paese da quasi quindici anni e certo non ci torneremo mai più.»
Marco Conti
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