Augusto Blotto, La vivente uniformità dell’animale

Nulla è perduto: la compagnia

del mio corpo ai colli saprà seguitare

la vista, l’accomiatare (scalini scesi)

cercherà odori d’angolo e la nobiltà

riflessiva userà a quella pace il vigore

necessario: pontili di città

schierati rugiadosi, velari o filiera

disserrano il remoto marino delle aurore.

Lindo incamminati, brolo, fra reti

solatìe di cortili brulli, in collina:

essa pàna l’adusato, del sollievo

costola o color biondo-addormo, giungendo

i piedi in uno sparato piombar qui angelico

il vetere, dimesso, d’un circoscritto albino

perlustrare in infanzia sol dintorni vicini:

potersi verificare ancora tutto!

Augusto Blotto, incipit da “La vivente uniformità dell’animale” (con un saggio introduttivo di Stefano Agosti), Manni, 2003

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