
Il sortilegio della parola può scaturire da molte strade. Nel caso di Corrado Costa nasce dal piacere del gioco e dall’incontro con la linguistica di Ferdinand de Saussure prima ancora di trovare altre e cospicue ragioni. Significante e significato vivono nella poesia di Costa l’attimo sufficiente a ricreare un caos non privo di humor, dove la lingua si muove verso la cosa e se ne ritrae moltiplicando allusioni e sensi. Nanni Balestrini, nel 2008, scrivendo un ritratto dell’autore commentò: «Penso che lo specifico della ricerca poetica di Corrado sia il gioco continuo del linguaggio, l’ironia, la giocosità. La vitalità e la freschezza che lui ha trasmesso è qualcosa che resta.» L’essenziale non poteva essere detto meglio. In Le nostre posizioni , seconda raccolta di testi del 1972 (titolo tra l’altro ironico rispetto alle locuzioni politiche e ai cliché di quegli anni), Costa scrive:
se si scrive lepre non è detto se si scrive lepre che sarà una lepre che correrà sull’erba non è detto che ci sarà dell’erba se si scrive erba erba erba erba erba erba erba "Collocazione dei nomi":
Malebolge e Pseudobaudelaire

Il commento di Balstrini compare ora sulla quarta di copertina del secondo volume delle opere poetiche (Poesie edite e inedite 1947-1991), edito da Argolibri, curato da Chiara Portesine e con una bella, vissuta introduzione di Aldo Tagliaferri, editor di Feltrinelli negli anni in cui l’opera di Costa si affacciò nel paesaggio letterario. Un paesaggio percorso dai sussulti della neoavanguardia di Anceschi e del Gruppo 63. Ma, fatalmente, lo spirito libero e originale dell’autore di Pseudobaudelaire, finì per restare ai margini di quella pattuglia. Il profilo del poeta emiliano (1929-1991) identificò soprattutto un outsider, nonostante una vocazione poetica corsa a fianco dell’avanguardia, tanto che, con Adriano Spatola, Giorgio Celli, Antonio Porta, Costa fu tra i fondatori della rivista Malebolge nel 1964. Tagliaferri rimarca inoltre, come pregiudiziale alla fortuna dell’opera, la scissione e il chiasmo tra la vita di Costa avvocato e quella di Costa poeta, tra il lavoro borghese e ordinario e l’avventura letteraria. Eppure quante volte questo chiasmo si è riprodotto e si riproduce con la vita accademica senza altri intoppi e magari con fortune ingiustificate.
Costa patafisico
Viceversa furono molti i poeti e gli artisti a entrare in sintonia con la sua opera. Lo sottolinea ancora l’introduzione mettendo di pari passo in risalto il ruolo positivo svolto dai piccoli editori «che cercarono di ospitare dei testi di Corrado» in anni in cui spettò soprattutto a loro «l’onore e l’onere di dare una mano ai poeti meno noti e più “arrischianti”, secondo l’esattissima definizione heideggeriana, e di pensare in grande alle sorti della letteratura mentre la “grande” editoria corrosa dall’ossessione del fatturato, incominciava a ripiegare su scelte determinate da un consenso popolare eterodiretto o blindate per via accademica.»
L’opera riunita in questo secondo volume, dopo quello dedicato alle pagine giovanili, appare del resto oggi più viva di quanto non lo siano quelle di molti avanguardisti di quegli anni puntualmente antologizzati, nei quali, per lo più, si legge uno sperimentalismo programmatico, sostanzialmente intellettualistico. Proprio il piacere del gioco, il senso dell’umorismo, la dedizione a una scrittura che genera allusioni e nonsense, emergono ora in Costa come una forza innovativa e originale non priva di un versante e un’ascendenza filosofici. Intanto, per trovare al nostro autore degli antecedenti degni di nota bisognerebbe risalire fino ai dintorni del dadaismo e del surrealismo. E a consolidare questa impressione è lo stesso Tagliaferri quando circoscrive i riferimenti della poesia di Costa a «tòpoi di ascendenza orientale» (il pensiero buddista) che si innestano sui paradossi della patafisica e precisamente nel Jarry di Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, dove il lessico e i campi semantici del linguaggio burocratico cercano invenzioni surreali trasferiti alla descrizione della complessità del mondo.
Un punto di vista dove la prospettiva di Costa circoscrive l’assoluta assenza di fede nella realtà fattuale delle cose rimarcandone soprattutto la precarietà come accade nella poesia de Il fiume (1974) che l’autore amava leggere e interpretare come gran parte delle sue pagine.
A proposito de Il fiume (1987), il cui nucleo originario venne più volte ripreso ed elaborato, il linguaggio si incarica di richiamarne gli aspetti metonimici (la “fiumità” si potrebbe dire in estrema sintesi) in modo da suggerire l’idea che “il corso” del fiume possa essere altro da sé:
Un brano de “Il fiume”

noi d’inverno vediamo sotto i ponti di legno fiumi degli anni precedenti sotto l’ombra dei ponti chi chi di chi è la voce? chi? chi? come si chiama il poeta che navigando in me stesso sale lentamente e scorre in senso contrario il senso delle cose che dico?
Costa disarticola l’ordine naturale e giustappone poi il concetto di tempo soggiacente all’immagine del fiume ad una seconda immagine – esterna al campo semantico – vale a dire quella di Greta Garbo che guarda “scorrere” (si dovrà dire), un film di Greta Garbo:
L’immagine del fiume va nello stesso senso del fiume. L’immagine di Greta Garbo va in senso contrario
L’autore disarticola il suo discorso lirico rispetto ai referenti naturalistici e suggerisce riflessioni paradossali, come nel testo apparso su North (I, 1975) ora compreso in questo secondo volume:
Da quelle montagne che non si possono vedere scorrono fiumi che non si sono ancora mossi Si sente solamente scorrere Non possiamo sapere dove c’è una riva del fiume o l’altra – Si sente – voglio dire – ci sono fiumi che scorrono senza niente attorno ancora indenni Si sente solamente scorrere non si può vedere che riva c’è del fiume o due o tre
La disposizione a de-costruire il reale imponendo con questo non solo un semplice straniamento ma una nozione di fragilità dell’essere, è costante e corre in filigrana a gran parte dell’opera rafforzata dalla semplicità del linguaggio. Tra le poesie inedite oggi riunite nel volume, troviamo:
Mi piace correre allora sopra un sacco tesa sul filo la vela che asciuga con le maniche rovesciate – abbandonante una lunghissima scia di lavori da fare. Sotto sera l’onda del cielo batte più calma a questa radura di gente dove oggi trebbia una macchina e l’allegria dei chicchi ha catturato i passeri.
Qui è evidente la confusione dei campi semantici inerenti l’aia e il mare dove gli oggetti (il sacco con i chicchi, gli abiti ad asciugare con le maniche rovesciate, la scia del mare, la vela e un’altra “scia”, ovvero la trafila di lavori, la radura e il cielo ondoso) producono un caos ricomposto dalla notazione “l’allegria/ dei chicchi ha catturato i passeri”. Altrove le valenze si caricano invece di significati allusivi come nella celebre “I due passanti” da Pseudobaudelaire (1964), raccolta di esordio:

I due passanti: quello distinto con il vestito grigio e quello distinto con il vestito grigio, quello con un certo portamento elegante e l’altro con un certo portamento elegante, uno che rideva con uno che rideva uno però più taciturno e l’altro però più taciturno, quello con le sue idee sulla situazione e quello con le sue idee sulla situazione: i due passanti: uno improvvisamente con gli attrezzi e l’altro improvvisamente nudo uno che tortura e l’altro senza speranza una imprecisabile bestia una imprecisabile preda: i due passanti: quello alto uguale e quello alto uguale, uno affettuoso signorile l’altro affettuoso signorile, quello che si raccomanda e quello che si raccomanda
Qualche ulteriore osservazione formale
La forma, ovvero la cosa referenziale, i passanti, ha un primo esito umoristico nella ripetizione delle locuzioni finché la “diversità” si evidenzia tra le spoglie della referenzialità per divenire opposizione e approccia il concetto di convenzionalità borghese. La scrittura di Costa esclude la soggettività, l’ io ugualmente rigettato dai Novissimi, ma il tratto decisivo dell’autore non è assertivo, piuttosto si può individuare nello scarto, nel disorientamento che dal profilo linguistico e giocoso scivola altrove, ovvero su temi di cui viene interrogata la loro conoscibilità. Il tema più volte ripreso del fiume circolare, trova un parallelo, rispetto al movimento e alla nozione di tempo, nelle poesie di The complete films (1983), dove l’opera cinematografica è di fatto metafora di se stessa, ovvero specchio di uno specchio. I versi procedono per successive provocazioni fino ad assecondare per Giulia Niccolai (nelle appendici è proposta una sua lettura con il saggio “Le sue meravigliose posizioni”) la nozione buddista di impermanenza con l’abolizione del dualismo essere e non essere. In “Differenze fra due film uguali” si legge:

in alto manca l’ultimo gabbiano a destra in alto manca la parete destra della casa manca il fumo della casa in alto manca il bottone del soldato al polsino sinistro in basso sotto il fucile manca l’erba in alto manca il mare manca il primo manca anche l’altro dei due gabbiani in alto manca il bambino in basso chi non c’è più ora Grida
Specularità e humor
Ovvia è la nozione (nel testo sopra citato) di una specularità irrisolta e canzonatoria (mentre altrove, per esempio in “Film con attori presi dalla strada” si ha la coincidenza puntuale di una scena esterna al film che costituisce il film facendo coincidere esterno e interno fino alla conseguenza conclusiva per cui «qualcuno viene dentro a vedere/qualcuno esce fuori a vedere»). Ma assai meno ovvia – perché implicita nel testo- è la nozione interrogata del movimento e del flusso temporale. E’ ancora una volta l’immagine di Greta Garbo che osserva un suo film andando in «senso contrario».
In Corrado Costa la referenzialità è illusoria e ha lo statuto di una convenzione. L’immaginario può intraprendervi allora un proprio colloquio, divenire autonomo, scoprire infine che si rifiuta di assomigliare alle sue promesse, come in questi cinque versi di “Due si fermano sul ponte”:
cosa aspettano, hanno la loro immagine, l’immagine che hanno è ferma giù nel fiume, in basso sulle acque che cosa aspettano cosa dicono «va via»
Marco Conti
Corrado Costa, Poesie edite e inedite (1947-1991) – Opere Poetiche II; a cura di Chiara Portesine, Argolibri. 2021: Euro 24,00