
Non si sono mai lette, né viste, tante storie. Un romanzo di successo propone una versione digitale, un film, un serial, qualche volta un fumetto o un gioco, oppure ancora un parco, due, tre parchi tematici come è accaduto per la saga di Harry Potter. Una storia di successo può essere tradotta nel giro di pochi giorni o contemporaneamente al lancio in più lingue e può persino avvenire che le traduzioni siano oltre cinquanta. E’ quindi cruciale la domanda che si pone Giuliana Benvenuti nel saggio introduttivo al libro da lei curato, La letteratura oggi. Romanzo, editoria, transmedialità, edito da Einaudi nella collana Pbe: quale funzione riveste oggi la letteratura? E inoltre: c’è una relazione di continuità con la tradizione? Un interrogativo che ci mette subito di fronte a una seconda questione: la letteratura è ancora conoscenza critica e condivisione dell’esperienza umana e storica, oppure è divenuta intrattenimento? Il saggio risponde che la linea di demarcazione tra i due volti prefigurati è meno netto di quanto si possa pensare. Ma al di là dell’elaborazione critica il libro è anche una antologia di “casi”, una esplorazione nel cuore delle lettere e del mercato editoriale e digitale del nuovo millennio che presenta una sequenza di undici saggi dedicati ad altrettanti autori e al loro successo: José Saramago, Umberto Eco, Salman Rushdie, Murakami Haruki, Stephen King, J.K. Rowling, Michel Houellebecq, Margaret Atwood, Orhan Pamuk, Elena Ferrante.
Qui comincia l’avventura
Tra il 1960 e il 1980 il mercato statunitense (qui preso come unità di misura delle trasformazioni dell’editoria avvenute in occidente) si registrarono 573 fusioni e acquisizioni che alla fine comportarono il dominio di 15 grandi aziende con il 72,4 per cento delle proprietà del settore. Editori come Schiffrin e Epstein contestarono più tardi che fino agli anni Cinquanta l’editoria faceva ricerca di qualità dando corpo a una missione culturale, mentre alla fine del ‘900 ogni sforzo è stato concentrato sul profitto. Ad ogni passo i grandi editori di oggi invocano le leggi del “mercato”, cercando persino di dare un’immagine democratica alle politiche speculative con la scusa che il pubblico deve scegliere quel che vuole. Ma se queste sono le motivazioni sempre in corso (in fondo anche il feuilleton era un media popolare a basso costo per tutti), il discrimine intervenuto alla fine del Novecento è ovvio: la nascita di piattaforme digitali dedicate, la brandizzazione degli autori di culto, cioè il corrispettivo dello star system del cinema, gli investimenti fatti sull’ebook.
Giuliana Benvenuti scrive: «Se prima del 1980 la lista del titoli più venduti vedeva ancora la letteratura “alta” accanto alla fiction popolare, attorno a quell’anno cominciò a essere dominata da un piccolo gruppo di autori il cui nome assomigliava sempre più a un brand: Tom Clancy, Michael Crichton, John Grisham, Stephen King, Danielle Steel e altri.» La comparsa di internet nel decennio successivo trasformò e moltiplicò il carattere remunerativo degli investimenti. Il caso emblematico è quello di Scribner che in una joint venture con la casa editrice di Stephen King (Philtrum Press) pubblicò nel marzo del 2000 il racconto Passaggio per il nulla in formato ebook, disponibile per 2, 50 dollari, una piccolissima somma che del resto per gli editori comportava solo oneri contrattuali. «Nelle prime ventiquattro ore dalla messa in rete fu scaricato 400.000 volte, toccando le 600.000 copie elettroniche nelle prime due settimane.» Nel giugno dello stesso anno il pubblisher, ovvero l’agente di King, annunciava che lo scrittore stava scrivendo un altro testo destinato all’ebook, ma a puntate, e senza alcuna mediazione editoriale chiedendo ai lettori un’offerta qualsiasi. La prima puntata fu scaricata 152.132 volte nel corso di una settimana.
Il corollario della pubblicazione digitale è che l’offerta è condizionata oltre che dai nomi brandizzati, dai gusti e dalla preparazione letteraria dei “clienti”. La stessa offerta on line è dominata di pari passo da libri stampati e digitalizzati da scrittori improvvisati. Nel gennaio 2015 il 40% dei ricavi di Amazon (che su questa strategia è stata la prima azienda a investire in maniera cospicua) «provengono dalla vendita di ebook di self-published authors». In certo modo lo stesso accade con le piattaforme digitali e per quello che costituiva il setaccio critico, il giudizio di valore. Mentre scomparivano le costose pubblicazioni cartacee si sono fatte strada quelle su internet, dove è cospicua la percentuale “amatoriale”, cioè di appassionati di letteratura (non è il nostro caso; chi scrive qui lo ha fatto e fa di professione) o di redattori di pubblicità promozionale collocati in vari contesti. Ma almeno su una circostanza, il bilancio è positivo: diversamente da quanto si temeva il digitale non divora affatto la letteratura cartacea.
I nuovi media e le star
Al di là degli esiti popolari, la globalizzazione modula anche le scelte tematiche: un successo comporta il tentativo da parte di altri autori e produttori di replicarlo in tempi stretti con un effetto di serializzazione dei contenuti. Il caso più eclatante di diffusione dei prodotti culturali, è quello della nascita di Bollywood, nome affibbiato ironicamente al cinema popolare indiano, mentre in ambito letterario valga per tutti la serializzazione dei generi e la contaminazione tra visualità e scrittura. Il contrappasso di questo scenario avrebbe dato luogo, secondo una tesi, al fenomeno letterario dell’autofiction. Benvenuti cita The conglomerate Era di Sinykin dove si ipotizza che i conglomerati di media abbiano creato un perenne stato di ansia autoriale. Gli scrittori, decisi a richiamare la centralità della loro funzione di fronte ai vari compromessi e alle negoziazioni, avrebbero cioè dato luogo a un nuovo approccio tematico, facendo dell’autore e dei rapporti con gli editori, gli agenti, i promotori, un nuovo genere letterario di non fiction: saggi in prima persona e memoir. Altrettanto problematico è l’effetto della trasmedialità sul canone letterario su cui, peraltro, il saggio non insiste ricordando che «Non è facile abbandonare il paradigma modernista che stabilisce un’equazione tra valore e originalità, intesa anche come continua ricerca della novità, con il corollario di una vera e propria lotta con la tradizione letteraria illustre, sempre richiamata ma sempre avvertita come minaccia».
La mappa e i numeri dei successi: in principio fu Umberto Eco

La selezione degli scrittori di successo la cui opera ha avuto un ventaglio di esiti mediali ha tenuto conto soprattutto degli autori di rilevanza letteraria e critica cominciando con un caso-limite, quello di José Saramago, scrittore per il quale il Nobel e il successo internazionale erano tutt’altro che iscritti nel tempo. Una sorta di premessa temporale che immette in una esperienza ugualmente lontana ma condivisa, vale a dire le autofinzioni di John Maxwell Coetzee (di Chiara Lombardi) e in maniera più importante – rispetto al tema del dialogo tra media – nell’avventura di Umberto Eco ( nella f.to sopra) con Il nome della rosa raccontanta dal saggio di Beniamo Della Gala. Il romanzo di Eco è edito nel 1980; nel 1981 e ’82 ottiene i premi Strega e Médicis, il New York Times lo include nell’ ’83 nella sua prestigiosa lista di “Scelte editoriali”. In Italia permane per 170 settimane nelle classifiche dei romanzi più venduti, negli Usa per 23. Il nome della rosa viene tradotto in 50 lingue e nel corso degli anni sono state vendute 55 milioni di copie. Il libro avrà due nuove edizioni nel 2012 e nel 2020: la prima con disegni dell’autore, la seconda con gli appunti che accompagnarono la scrittura. A parte il film di successo di Jean-Jacques Annaud nel 1986, nel 2003 il plot di Eco diede luogo a un nuovo bestseller popolare, Il codice da Vinci di Dan Brown nel 2003, mentre il successivo libro di Eco, Il pendolo di Foucault, nonostante traduzioni e vendite non ottenne neppure lontanamente un successo analogo. Ma si crearono videogiochi ispirati ai personaggi (Murder in the abbey, 2008), serial, un adattamento radiofonico, un audiolibro. Milo Manara su Linus creò un fumetto a puntate ispirato alla storia, parodie vennero pubblicate da Topolino; Zagor, un altro fumetto, ospitò nel 1992 L’abbazia del mistero. Di nessun successo fu invece il serial in inglese di Turturro ed Everett.
Stephen King, un brand da 600 milioni di dollari
Umberto Eco nel momento in cui scrisse il suo primo romanzo era un semiologo e un saggista affermato. La sua diversione nella fiction sorprese. Viceversa Stephen King (di cui ci parla Massimo De Angelis) nasce come uno scrittore isolato il cui primo libro, Carrie, nel 1974 non ottiene grande attenzione finché due anni dopo non ne fa un film Brian De Palma. Tra il ’77 e il 1984 King pubblica cinque romanzi di cui quattro scritti in precedenza con lo pseudonimo di Richard Bachman che otterranno attenzione solo dopo la scoperta dell’autentica firma autoriale. Come Eco e diversamente da Eco, King è comunque il prototipo dell’autore-brand. Tra libri e versioni transmediali è titolare di un’attività il cui valore, nel 2022, è stimato in 600 milioni di dollari. I suoi soli romanzi hanno venduto 350 milioni di copie.
J.K. Rowling: come vendere 500 milioni di copie

La copertina della prima edizione di Harry Potter; il volume che conteneva alcuni errori tipografici è stato battuto all’asta per 250 mila dollari. Sotto il titolo uno dei giochi ispirati alla saga
La saga di Harry Potter, sette romanzi editi tra il 1997 e il 2007, sono attualmente il fenomeno letterario più cospicuo, redditizio e globale di tutti i tempi. E come scrive il saggio di Marina Guglielmi, Rowling «è lo scrittore più ricco del mondo». I suoi romanzi sono tradotti in più di 80 lingue e ad oggi le copie vendute si aggirano su 500 milioni, più di quanto non accade per tutta la corposa produzione di King. Dopo i romanzi della saga sono usciti tre libri che costituiscono la Hogarts Library, cioè i manuali scolastici usati dalla scuola di magia di cui ci racconta la storia di Harry Potter a cui si aggiunge una raccolta di racconti e una saga dedicata agli animali fantastici. Guglielmi prende nota ugualmente del vasto mondo trasmediale interessato al fenomeno: adattamenti cinematografici, un sequel in forma teatrale, tre prequel, giochi da tavolo, videogames, musical, due siti web, tre parchi a tema, uno Studio Tour della Warner Bross a Londra, negozi di marchandise. I fan hanno pubblicato diversi libri ispirati al mondo di Harry Potter così come sono state prodotte opere d’arte, brani musicali, canali dedicati e associazioni (compreso il sodalizio sportivo di Quidditch). Ogni anno si hanno eventi, e conferenze ospitate da college e università. Gugliemi traccia inoltre il profilo delle narrazioni parallele che tra web e carta stampata hanno seguito parallelamente l’autrice: la madre sola e indigente, la passione letteraria della Rowling, il viaggio in treno da Manchester a King’s Cross nel 1990 dove la saga di Potter le appare «come un’epifania» e i rifiuti degli editori con il seguito di una prima tiratura del primo romanzo di 500 copie. Infine l’acquisto dei diritti da parte della casa editrice americana Scholastic a un prezzo importante, precedentemente mai pagato per un libro che doveva essere destinato ai bambini.
Houellebeck, lo sfregio alla correttezza liberal dell’Occidente
La transmedialità richiamata dal libro di Giuliana Benvenuti si rispecchia evidentemente in maniera diversa, più o meno evidente, rispetto non solo ai tempi storici più o meno digitalizzati ma anche in relazione ai caratteri delle opere e alla ricezione. Sia Coetzee, sia Michel Houellebecq partecipano alla ricerca sotto profili sensibilmente diversi, così come accade per Margaret Atwood, Haruki, Pamuk e Ferrante. Il caso di Houellebecq, autore esordito con un saggio su Lovercraft e una raccolta di poesie, e divenuto celebre con romanzi destinati in principio a pochi intellettuali, non può evidentemente dar luogo a un impatto paragonabile a quello della Rowling. Un dato economico per tutti: i libri dello scrittore de Le particelle elementari e Sottomissione si aggirano sui 5 milioni di copie. Il saggio di Filippo Pennacchio richiama il successo su diversi mercati internazionali, i premi Impac e Goncourt, le versioni cinematografiche ma è chiaro che la prosa di Houellebcq nasce con un crisma autoriale alla vecchia maniera (come per Saramago): lo scrittore provoca i contemporanei, non accetta i diktat del costume intellettuale sul “politicamente corretto”, interseca con i suoi romanzi tematiche diverse: la perdita di valori nel mondo liberista, la cancellazione di identità e tradizioni mentre i suoi protagonisti (percepiti come alter ego dell’autore) avanzano richieste libertarie. E non basta. La narrativa di Houellebecq ha un versante distopico dove si delinea un futuro di clonazione dell’essere umano, di sessualità avulsa dall’identità, di disvalori. Ma è aleatorio chiedersi se al suo successo contribuisca la “scrittura bianca” barthesiana in un paesaggio letterario in cui la lingua narrativa è comunque orientata verso la lingua denotativa d’uso o a una “classicità” senza fisionomie ritagliate (per confronto si potrebbe citare tanto Gadda quanto Nabokov, tanto Tondelli quanto il Saramago qui convocato). Certo non sono estranei al successo dell’autore francese, come racconta con dovizia Pennacchio, le circostanze storiche. Non solo la sicumera del politicamente corretto e del “futuro che avanza” con i suoi corollari legati agli interessi di capitale ma alcuni episodi in particolare: nel 2001 esce Piattaforma dove si racconta di un poderoso attentato islamico in un villaggio turistico e pochi giorni dopo avviene l’attentato alle Torri Gemelle; il 7 gennaio 2015 compare Sottomissione e nello stesso giorno un altro attentato islamico colpisce la sede del settimanale Charlie Hebdo, reo di aver offeso Maometto con le sue vignette satiriche. In breve «il romanzo e il suo autore si ritrovano al centro di infinite polemiche sulla libertà di espressione, sull’idendità nazionale, sui conflitti religiosi e culturali che attraversano il presente.» Se Houellebecq è considerato tra gli autori più lucidi di oggi, nondimeno al successo hanno contribuito le sue provocazioni, come l’articolo “Trump è un buon presidente” o la sua stessa immagine pubblica: scarmigliato, con una sigaretta perennemente fumante tra le mani, vestiti casual stazzonati.
Una postilla
L’intelligente scelta della curatrice di convocare esperienze letterarie tanto diverse ma convergenti sulle valenze economiche, sociali e strumentali, richiama un ulteriore aspetto esterno agli interessi degli autori ma non eludibile: dalle allegorie di Saramago, alle distopie di Houellebecq passando dai mondi medioevali, gotici e fantastici di Eco, di Stephen King e dalla Rowling, dall’alterità evocata in molte opere di Murakami Haruki, all’ambientalismo di Atwood, si disegna una letteratura che delega all’immaginario due movenze opposte: lo scantonamento dal presente o la polemica con il presente. Una dualità convergente e sulla quale la transmedialità capitalizza attraverso quello che Barthes avrebbe sicuramente definito “il piacere del testo”. Finora questa dialettica non ha avuto sintesi. Per dirlo con Murakami abbiamo il nostro mondo e il mondo “altro”.
Marco Conti
Giuliana Benvenuti (a cura di), La letteratura oggi. Romanzo, editoria, transmedialità, pp. 332, Einaudi Pbe, 2023; euro 24,00
